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Cassazione: "Nessun indennizzo a consiglieri regionali indagati anche se assolti"

ROMA. Se vengono sospesi dalla carica di consiglieri o deputati regionali perchè nei loro confronti c'è una indagine della magistratura, o addirittura una richiesta di arresto, gli onorevoli eletti nei Consigli regionali non hanno alcun diritto in caso di assoluzione - al termine della bufera giudiziaria - a ricevere la parte di stipendio decurtata per effetto della sospensione. Lo sottolinea la Cassazione.  Ad avviso della Suprema Corte - che ha accolto la tesi sostenuta dall'Assemblea regionale siciliana contro l'ex deputato Antonio Carullo, indagato per corruzione e poi assolto - non è di certo colpa dell'organo di governo locale se uno dei suoi 'dipendentì finisce sotto inchiesta. E dal momento che gli 'onorevolì delle Regioni vengono pagati forfettariamente per l'esercizio delle loro funzioni, ne consegue che «durante il periodo di sospensione dalla carica, l'indennizzo in questione resta del tutto privo di titolo e non può essere corrisposto».  A nulla vale, inoltre, sostenere che per il settore del pubblico impiego, la legge consente di ottenere l'intero stipendio arretrato in caso di proscioglimento. È un privilegio riservato solo a «tale categoria di soggetti», quella degli «impiegati dello Stato». Non per le altre, spiegano gli 'ermellinì nella sentenza 6557 della Prima sezione civile. Modificare «tale anomala conseguenza», già messa in evidenza dalla Corte Costituzionale, «spetta esclusivamente al legislatore», aggiunge il verdetto del 'Palazzacciò.  Per queste ragioni è stato accolto il ricorso dell'Ars contro la decisione con la quale la Corte di Appello di Palermo, nel 2007, aveva stabilito che Carullo aveva diritto a ricevere la parte di stipendio che non gli era stata versata nel periodo di sospensione dalla carica, dal due novembre al 23 dicembre 1994, a causa della richiesta di arresto in un procedimento per corruzione. Il procedimento penale a carico di Carullo si è poi concluso con sentenza di assoluzione, emessa dal Tribunale di Catania, il 30 gennaio 1998. In primo grado, il Tribunale di Palermo nel 2003 aveva respinto la richiesta 'risarcitorià dell'ex deputato. In appello, invece la domanda era stata accolta. Ora torna in vigore la decisione del Tribunale.

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