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Compravendita parlamentari, per Berlusconi il Senato sarà parte civile

ROMA. Ascolta il parere di tutti, ma alla  fine decide in totale autonomia, così come il regolamento gli  consente di fare: il Senato si costituirà parte civile nel  processo sulla compravendita dei parlamentari che vede tra gli  imputati Silvio Berlusconi. E questo perchè «è un ineludibile  dovere morale» che la Camera Alta partecipi all'accertamento  della verità di fatti che la magistratura indica come avvenuti  all'interno dell'istituzione.        


La «scelta» del presidente di Palazzo Madama, Pietro Grasso,  comunicata in serata via email, fa insorgere il centrodestra che  parla di «zelo giustizialista» e di «scelta scorretta che non  rimarrà priva di conseguenze». E fa andare su tutte le furie il  Cav che parlando con i suoi definisce «turpe» la decisione e  convoca lo stato maggiore del partito a Palazzo Grazioli per  decidere il da farsi. Nel Pd, infatti, non sono pochi quelli che  ora temono possibili ripercussioni sul piano riforme e  sull'intesa con Renzi. Il gesto di Grasso, sarebbe il  ragionamento espresso dall'ex capo del governo secondo il  racconto di alcuni suoi fedelissimi, rappresenta un segnale  chiaro: appena torno sulla scena politica cercano di mettermi a  tacere. Ma non ci riusciranno perchè io non ho nulla da temere.    Al momento, comunque, secondo quanto si apprende, FI non  avrebbe ancora deciso quali 'contromossè adottare. Non si  esclude una riunione domani, forse congiunta, di tutti i  parlamentari azzurri.    


La protesta avviene non solo per il fatto in se stesso di  coinvolgere l'istituzione del Senato nel processo che prenderà  il via a Napoli l'11 febbraio prossimo, ma anche perchè viene  presa nonostante il Consiglio di presidenza di Palazzo Madama,  in mattinata, abbia detto esattamente il contrario con 10 «no» e  8 «sì» e cioè che il Senato non doveva assolutamente costituirsi  parte civile. «Confido nell'ascolto», aveva detto Maurizio  Gasparri al termine della seduta del Consiglio. «E visto che la  maggioranza dei componenti ha detto no alla costituzione di  parte civile - aveva osservato Maria Elisabetta Casellati -  sarebbe inusuale che Grasso decidesse diversamente». E invece il  presidente del Senato sceglie di non cedere tanto alla logica  dei numeri (con i centristi Linda Lanzillotta e Antonio De Poli  che avevano spostato l'ago della bilancia sul «no» votando  insieme a Ncd-Fi-Lega e Gal), quanto alle osservazioni della  magistratura che considera l'istituzione come «persona offesa»  di fatti «asseritamente avvenuti» al proprio interno e comunque  «relativi» alla sua «dignità». Pertanto, spiega Grasso, si pone  «un ineludibile dovere morale» di partecipare «all'accertamento  della verità, in base alle regole processuali e seguendo il  naturale andamento del dibattimento».    


E il coro di proteste che sale da FI e Ncd è unanime. «Grasso  ci ha calpestati», commenta Maurizio Gasparri. Da lui «arriva  una prova di zelo giustizialista», incalza Raffaele Fitto.  «Abbiamo risposto male le nostre speranze», osserva Renato  Brunetta. Grasso «non è un presidente super partes», afferma  Antonio Leone (Ncd). Maurizio Sacconi (Ncd) confessa di essere  rimasto «allibito», mentre Donato Bruno (FI) parla di decisione  «presa fuori da ogni regola». Il presidente del Senato, invece,  ottiene il sostegno del Pd con Luigi Zanda che sostiene come sia  «un dovere morale difendere la democrazia».            

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