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Stato-mafia, La Barbera: "Per Grasso era pronto l'esplosivo"

PALERMO. «Per eliminare Piero Grasso  avevamo già l'esplosivo e i telecomandi. L'attentato doveva  avvenire a Monreale, luogo in cui andava spesso per incontrare i  suoceri». Lo ha detto il pentito Gioacchino La Barbera,  deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia.   «Dopo aver ritirato i telecomandi a Catania - ha aggiunto -  avevamo fatto i sopralluoghi. L'esplosivo andava collocato in un  tombino nella strada in cui doveva passare con la macchina, ma  ci fu un problema tecnico. Rischiavamo che scoppiasse prima del  passaggio e non se ne fece più nulla».  «In Cosa nostra c'era un certo  ottimismo prima della sentenza della Cassazione sul maxi  processo. Quando però la Corte confermò le condanne, avallando  il teorema Buscetta, fu decisa una strategia di attacco allo  Stato, con le stragi. Iniziammo con Falcone, che era sempre  stato un nostro nemico dichiarato e si proseguì con Borsellino».  Lo ha detto il pentito Gioacchino La Barbera, deponendo al  processo sulla trattativa Stato-mafia.     


La Barbera ha anche parlato della lista di politici da  colpire che, sempre nell'ottica del piano di guerra ordito da  Totò Riina, la mafia aveva stilato. «L'obbiettivo era anche  colpire la Democrazia Cristiana: - ha detto - tra gli obiettivi  c'erano Salvo Lima e i cugini Salvo». Nell'elenco delle persone  da eliminare c'era anche l'ex ministro Calogero Mannino. La  Barbera ricevette l'indicazione da Salvatore Biondino, uomo di  fiducia di Riina. I boss tenevano sotto controllo i suoi  movimenti. «Prima di essere arrestato - ha aggiunto - Brusca  mandò il genero di Nino Salvo, Gaetano Sangiorgi, a Roma per  capire se Claudio Martelli era un facile obiettivo. Sangiorgi  studiò dove abitava e tornò dicendo che viveva sulla via Appia».  «Non so perchè s'era scelto lui. Forse perchè s'era fatto  tanto per procurargli i voti - ha spiegato - e lui parlava male  di Cosa nostra ed era stato uno dei protagonisti della legge sul  41 bis». 

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