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Burocrazia e lavoro, il governo è al bivio

Non siamo tra quelli che gridano «Aridatece er puzzone!». Ma non c’è dubbio che la memoria di Paolo Cirino Pomicino, Gianni De Michelis e dei loro sodali del Psdi, del Pli e del Pri venga riabilitata in questi giorni.
Qual è infatti la differenza tra la deprecata involuzione finale della Prima Repubblica e il rinnovato parlamento che dovrebbe in tempi brevi accompagnarci alla Terza? Nessuna. Assalto alla diligenza era, assalto alla diligenza è, indipendentemente dalle maggioranze e dalle minoranze. Perché se un bimbo ruba le patatine, tutti i bambini si sentono autorizzati a rubarle. Ieri come oggi. La nuova maggioranza ha un solo modo per riscattarsi: approvare entro gennaio un «contratto di governo» che segni davvero una svolta rispetto a quanto abbiamo visto finora. Tutti concordano sul fatto che la burocrazia è il principale ostacolo allo sviluppo, agli investimenti e anche al sereno disbrigo delle pratiche di ogni giorno. Alfano ha proposto un disboscamento assoluto: l'amministrazione dello Stato deve avere un tempo limitato e definito per rispondere ai cittadini. Se non lo fa, il cittadino procede senza permesso, ma nel rispetto della legge. L'amministrazione potrà a quel punto intervenire soltanto in sede di controllo. Sembra la scoperta dell'acqua calda e invece è una proposta rivoluzionaria. Per renderla credibile, occorre aggiungervi una forte sanzione per i trasgressori. (Il nuovo primo ministro albanese, il socialista Edi Rama, sta facendo abbattere tutte le case abusive sul lungomare di Valona. Visto con i miei occhi). Non c'è ragione per cui Renzi debba opporvisi visto che uno dei suoi mantra è che i burocrati hanno un potere smisurato. E non c'è ragione per cui Alfano debba opporsi alla proposta di Renzi di un contratto unico nazionale che preveda le assunzioni senza il vincolo dell'articolo 18 per almeno un triennio.
È vero che occorre dare maggiore spazio alle contrattazioni aziendali, ma non si vede perché i due ordinamenti non possano coordinarsi. Un accordo su burocrazia e lavoro basterebbe da solo a qualificare il governo e a dare il segno reale di un rinnovamento politico, oltre che generazionale. E ci rifiutiamo di credere che tutto possa saltare per la revisione della Bossi-Fini e per l'introduzione di norme che regolino i rapporti delle coppie gay. La Bossi-Fini non ha mai davvero funzionato se non altro per le ridottissime possibilità di rimpatrio (e spesso anche di identificazione) dei migranti. Ma il divieto d'immigrazione clandestina, anche se non sempre elevato a infrazione penale, esiste dappertutto e non crediamo che sia interesse di Renzi trasformare l'Italia in una piattaforma di libero accesso per i milioni di disperati in lista d'attesa fin dall'Africa profonda. Fino a quando non ci sarà nei porti d'imbarco una verifica internazionale dello status dei migranti e fino a quando l'Europa non avrà stabilito regole per una ragionevole distribuzione dei flussi, il solo dovere dell'Italia è evitare una vergogna come quella che abbiamo visto a Lampedusa.
Anche sui gay non è difficile trovare un incontro. Su questo punto Renzi è il più moderato dei suoi e Alfano avrà gioco facile nell'ottenere un ruolo prevalente per la famiglia tradizionale, a patto che lo Stato la finanzi in maniera più decente di quanto non abbia fatto finora. Ma anche lui sa che una forma sostanziosa di riconoscimento alle coppie omosessuali - senza arrivare al matrimonio e alle adozioni - è ormai ineludibile. Un accordo generale dunque è possibile. E se davvero Renzi non vuole andare subito alle elezioni, ricordi che Alfano deve portare a casa più di qualcosa che ne giustifichi la presenza al governo. Altrimenti nel giro di qualche mese è morto. 

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