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Pdl, Fitto in campo, è scontro su congresso

ROMA. La resa dei conti tra le due anime del Pdl nell'arena di un congresso. Raffaele Fitto, ex ministro ed ex  governatore della Puglia , lancia la sua sfida ad Angelino Alfano. E alla testa dei "lealisti" chiede un "azzeramento di tutti gli incarichi di partito" e un'assemblea "straordinaria", dove far prevalere una linea "non subalterna alla sinistra".
Ma gli alfaniani rispediscono al mittente una proposta che, sostengono, è "di rottura" proprio nel momento in cui si sta lavorando all'unità. Lo scontro, affermano, si è già consumato in Senato. Lì hanno prevalso loro, i filogovernativi.
"Stiamo lavorando, ciascuno secondo il proprio modo, per l'unità del partito, che è per tutti l'obiettivo strategico", afferma Angelino Alfano. Il segretario non replica direttamente a Fitto, si rivolge a Enrico Letta e Guglielmo Epifani. Al segretario Pd che invoca gruppi autonomi dei 'filogovernativi' Pdl e al premier che sentenzia la fine della stagione berlusconiana, Alfano risponde con nettezza: "Non accettiamo ingerenze nel libero confronto del nostro movimento", "il popolo individua ancora oggi in Berlusconi il leader". Ma le sue parole suonano anche come un messaggio al Pdl e una risposta a Fitto.
L'ex ministro pugliese, che già si era mosso alla guida dei "lealisti" con un documento consegnato al Cavaliere, lancia la sua sfida dalle pagine del Corriere della sera. "Siamo in tanti, siamo quelli leali con Berlusconi e le sue politiche. In questo periodo non condivido l'azione politica di Alfano, che rischia di costruire un centro politicamente subalterno alla sinistra", dichiara. "Sosterremo lealmente il governo ma vigileremo per evitare che si trasformi in un governo di sotto intese...".
Quasi una candidatura al congresso, insomma. Che viene accompagnato in giornata da una valanga di comunicati stampa dei "lealisti". Plaudono a Fitto campani e pugliesi, Galan e Gelmini, Polverini, Capezzone, Bernini, Romano, per citarne alcuni. Dall'altro lato, però, prendono posizione gli alfaniani, da Cicchitto a Costa, da Sacconi a Giovanardi. Anche i senatori vicini a Renato Schifani, che non avevano firmato il documento per la fiducia al governo, ora scendono in campo per Alfano. E pure Renato Brunetta, il cui posto da capogruppo negli ultimi giorni veniva indicato come traballante, interviene per dire che chiedere un "referendum su Alfano" rischia di dare "fiato a chi gioca a spezzare la coesione" del partito.

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