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L'economia non può attendere

La politica scandisce i suoi rituali mentre l’economia ha bisogno di interventi urgenti. Ieri il capo dello Stato ha assegnato il mandato esplorativo a Pier Luigi Bersani. Non prima, però, di aver respinto le accuse sui ritardi istituzionali. Ha ricordato che in Italia si è votato meno di un mese fa mentre in Olanda e Israele hanno impiegato «circa due mesi» per avere un nuovo governo.
Osservazione certamente corretta. Tuttavia ieri al Quirinale è stato compiuto solo il primo passo. Non sappiamo se nascerà un esecutivo, ma nel frattempo i tempi dell’economia stringono. E il governo Monti, legittimamente ancora in carica, potrebbe dare un segnale importante senza ulteriori dilazioni.
A Palermo il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ieri è tornato su un tema a lui assai caro: i ritardi con cui la Pubblica amministrazione paga i suoi debiti. Un passaggio fondamentale per la ripresa economica. Il capo degli industriali ha parlato di possibili nuove assunzioni fino a 250.000 unità, se verranno sbloccati almeno i due terzi dei circa 70 miliardi di crediti. Per arrivare a questo risultato è necessaria, però, la mobilitazione di tutti i protagonisti. Dell’Amministrazione dello Stato che ancora non è riuscita a calcolare con esattezza quanti soldi deve dare (Non a caso la stima di 70 miliardi viene dalla Banca d’Italia).
Ma soprattutto del Parlamento che deve assicurare certezza sui tempi. Il Consiglio dei ministri ha deliberato il pagamento di 20 miliardi «nella seconda metà del 2013» e di altri 20 nel 2014. Ma queste sono scadenze che possono forse tranquillizzare le grandi imprese, ma non risolvano i problemi delle piccole e medie.
Si è molto discusso se un governo in carica solo per l'ordinaria amministrazione possa varare un decreto del genere. La soluzione emersa dal dibattito politico è che potrebbe bastare un passaggio parlamentare per dare la copertura politica a Monti. Ci sono delle importanti assicurazioni in questo senso. Il Presidente del Senato, Piero Grasso ha assicurato la massima tempestività nel calendario. Tutte le forze politiche si sono dichiarate favorevoli a dare questo atto di indirizzo politico. Sarebbe molto opportuno quindi che fosse il governo Monti a varare subito il decreto e le norme di attuazione, senza aspettare l'evoluzione della situazione. E questo sia per la tempistica sia, soprattutto, per la definizione del testo. I problemi sono infatti enormi. Il più evidente riguarda i soggetti: sarà seguito l’ordine cronologico e quindi saranno liquidate prima le fatture più vecchie o sarà scelto un altro criterio? Per esempio privilegiare le imprese in difficoltà o i settori in crisi? Saranno tenute in maggior considerazione le grandi imprese o le Pmi? Bisogna evitare assolutamente che la materia finisca nella palude della Pubblica amministrazione fra bolli e timbri. Tanto più che c’è il precedente della «certificazione» di questi crediti. Serviva alle imprese per scontarli in banca. Non se n’è fatto nulla perché l’amministrazione non è riuscita a individuare criteri giuridicamente affidabili per considerare «certi» questi debiti. Le imprese aspettano ancora. Nel frattempo rischiano di soffocare per mancanza di liquidità. E di conseguenza non si crea occupazione. Ecco perché sarebbe auspicabile che fosse questo decreto l’ultimo atto del governo Monti.
Bersani, semmai il suo governo nascerà, potrebbe avere urgenze diverse. Non a caso, per il momento l’unico impegno che ha preso in campo economico è quello di convocare le parti sociali (quindi anche Confindustria) nel corso delle consultazioni.

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