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Palermo, Zito: "Per una città sicura servono strutture"

Il questore parla di azienda e piano industriale, elogia i sindacati e sottolinea come tutti, in periodo di crisi, devono razionalizzare i servizi senza comprometterne l'efficacia. "Abbiamo affrontato le emergenze con serietà e serenità, la collaborazione con le altre forze dell'ordine è massima"

PALERMO. Parla di «azienda» e di «piano industriale», elogia i sindacati e sottolinea come tutti, in periodo di crisi, devono razionalizzare i servizi senza comprometterne l'efficacia. E non importa che l'azienda in questione si chiami «Polizia». Alla vigilia della festa per il 160° anniversario, rifugge dalla retorica enfatica dei simbolismi, Nicola Zito. Che, questore a Palermo da un anno e sette mesi, sa che nella gestione della sua squadra di 4 mila uomini non si può sfuggire da logiche di natura aziendale. Anche «in una città estremamente complessa come questa, peraltro molto cambiata negli ultimi anni a causa della situazione di crisi internazionale che attanaglia l'Europa intera e che qui ha avuto anche effetti sull'ordine pubblico».


Le tensioni della piazza che da questore si è ritrovato a fronteggiare sono state in effetti legate quasi esclusivamente a motivazione di natura occupazionale.


«È vero che Palermo ha le sue specificità in tal senso, a cominciare dalla crisi delle aziende partecipate del Comune, dall'Amia alla Gesip. Ma si è trattato di situazioni che abbiamo sempre affrontato e gestito con grande serenità.


L'ordine pubblico è però solo uno dei tre capisaldi su cui si basa la nostra attività«. E gli altri due?


«Gli altri aspetti strutturali attengono ai servizi di prevenzione e repressione, tutti connessi fra essi. E bisogna razionalizzare l'impegno delle risorse nel campo dell'ordine pubblico per poterle poi utilizzare al meglio nelle altre attività. Specie in un momento di crisi economica che non risparmia nessuno».


Sembra sentir parlare un manager più che un questore di Polizia.


«Anche la nostra è, per certi versi, un'azienda. In cui va organizzato al meglio il lavoro, va equilibrato al massimo l'uso del personale e vanno garantiti i servizi. Al mio insediamento lanciai un progetto di rivisitazione delle procedure organizzative che ci porta ora a tirare le prime somme. A cominciare per esempio dall'aver diviso l'aspetto controllo dall'aspetto intervento, differenziando gli orari delle pattuglie in base agli indici di criminalità registrati e impiegando le risorse dove e quando più necessario. E quello definito con le nostre organizzazioni sindacali, che ringrazio per il senso di responsabilità manifestato, è un vero e proprio piano industriale, nell'ottica di un generale contenimento dei costi che non tocchi l'efficienza dei servizi».


Anche per questo ha fortemente voluto la collaborazione sul campo con le altre forze di polizia?


«È un progetto cui tengo molto, quello approvato in sede di comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica dall'allora prefetto Caruso e poi riapprovato dall'attuale prefetto Postiglione. Il Cit (controllo integrato del territorio, ndr) mira a normalizzare la nostra attività. E Palermo ha bisogno di normalità, concetto che ha cominciato a farsi strada pur con tutte le complessità legate alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Con carabinieri e guardia di finanza abbiamo condiviso un piano che ci vede tutti sulla stessa linea a operare nelle azioni di controllo. Ci riuniamo ogni mercoledì attorno ad un tavolo di cui fa parte a pieno titolo anche la polizia municipale, come in una sorta di società costituita nell'interesse della città e della sua sicurezza. Mettiamo insieme competenze e risorse e decidiamo come operare, in base a un'ampia serie di indicatori, compresi gli articoli e le denunce che arrivano attraverso la stampa. Ho sempre per esempio ritenuto molto utile l'azione di denuncia sul territorio portata avanti dal camper del Giornale di Sicilia».


E però, come sottolineavamo qualche giorno fa nell'editoriale dedicato alle elezioni amministrative, in città ci si ritrova a dover fronteggiare un'illegalità diffusa che spazia in ogni campo, quasi senza ostacoli.


«Spesso abbiamo concordato proprio con la polizia municipale alcuni interventi di vera e propria bonifica del territorio, dalla pulizia al decoro generale, dalla salvaguardia del verde al fenomeno delle carcasse di auto abbandonate. Effettuando anche azioni tematiche, vedi quelle contro i parcheggiatori e gli ambulanti abusivi o l'utilizzo improprio dei cavalli delle carrozze, tanto per citare uno degli ultimi casi».


La sensazione è però che ci sia ancora parecchio da fare.


«Ma in una grande città come Palermo la sicurezza deve essere anzitutto strutturale. Non si può pensare che con le sole risorse umane si possano risolvere certi problemi. Serve regolamentare la circolazione se si vogliono ridurre episodi di illegalità legati al traffico. Serve un'efficace videosorveglianza se si vuole combattere il vandalismo nelle scuole. Per le quali ho voluto anche l'accordo con 32 istituti di vigilanza privati, cosa che ha fatto molto da deterrente negli ultimi tempi».


Non sempre l'azione o la collaborazione del Comune in tal senso è però apparsa efficace.


«Nei limiti del fattibile e tenendo conto di certe criticità note a tutti, a cominciare dalle difficoltà di aziende come l'Amia o la Gesip, l'apporto è stato comunque significativo. Ma il controllo integrato prevede l'azione congiunta di quanti più soggetti possibili, compresi l'Asp, i vigili del fuoco, la polizia provinciale. Cerchiamo di creare un collegamento sempre più stringente fra l'azione antimafia in senso generale e il controllo del territorio. Le azioni contro i videopoker illegali, le scommesse clandestine, le corse dei cavalli hanno naturalmente effetti anche nella lotta contro la grande criminalità organizzata».


Sa già cosa chiederà al neosindaco Orlando in occasione del vostro primo incontro?


«Lo vedrò domani alla festa della Polizia. Intanto gli auguro buon lavoro e gli assicuro piena disponibilità e collaborazione, come è doveroso che sia. Quello che devo dirgli, preferisco invece farlo di persona...»


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