Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Montante: troppi crediti, le aziende soffocano

Il neo presidente regionale di Confindustria lancia un appello al governo: dalla pubblica amministrazione basta pagamenti in ritardo. Sì a un piano industriale per la Sicilia

PALERMO. Al governo Monti chiede di difendere le imprese contro i pagamenti in ritardo della pubblica amministrazione, «le aziende soffocano: le salvi, imponga la regola europea dei 60 giorni». E al governo regionale («ultimo di una serie ventennale di governi che sono stati tutti lontani dalle imprese») chiede di correre: «Corra almeno negli ultimi giorni di permanenza in carica, approvi un piano industriale della Sicilia che finora non esiste, si faccia ricordare per questa indispensabile attività». Antonello Montante è il neo-presidente degli industriali siciliani che il ministro dell’Interno Cancellieri definisce un apostolo a guardia della legalità, stesso ministro che chiama Elsa Fornero Giovanna d’Arco.
Con l’ex presidente Ivan Lo Bello, il presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante è il promotore della regola dell’espulsione per gli imprenditori che non denunciano le estorsioni. E in Confindustria nazionale ha la delega per la Legalità.

Le priorità degli industriali in ambito nazionale e in sede siciliana?
«Va affrontato il problema della mancanza del credito e in questa ottica è necessario che almeno si possano salvare quelle aziende che hanno crediti con la pubblica amministrazione: bisogna metterle nelle condizioni di incassare i crediti vantati ed è solo un primo passo per evitare il disastro. Anche ricordando che ad ogni impresa che chiude corrispondono lavoratori licenziati, knowhow che si perde e non ultimo in ottica governativa: ogni marchio che chiude non paga più le tasse negli anni successivi».





E il governo Monti opera in sintonia con le aspettative delle industrie?
«Quello che il governo Monti ha fatto nella sua prima fase di intervento era necessario ed andava messo in atto, ora deve puntare sulla crescita e non solo sull’aumento delle tasse: non ci sono dubbi che doveva muoversi come ha fatto, diversamente per il Paese c’era la fine della Grecia. Oggi Monti deve ripartire, proteggere il mercato interno e dei marchi italiani, dare la priorità al rilancio delle imprese esistenti che soffrono dell’invasione dei mercati low cost, P aesi come la Cina o l’India mettono fuori gioco le nostre aziende con concorrenza sleale».

Protezione del made in Italy?
«Certo, e rispettando le norme comunitarie ma posizionandosi in un ruolo un po’ più nazionalista, come del resto fanno i francesi e i tedeschi».

Il governo regionale e il mondo delle imprese, c’è sintonia?
«Una guida politico-amministrativo che in Sicilia, dal punto di vista dell’industria, non può che definirsi pessima negli ultimi vent’anni. Oggi Confindustria chiede al governo e ai parlamentari siciliani di farsi ricordare per riforme veloci in questi ultimi due mesi, come è stato fatto per le Asi, una riforma d’eccellenza: invece di pensare alle coalizioni per la prossima campagna elettorale il governo rediga un piano industriale della Regione siciliana individuando almeno quattro macrosettori merceologici dove certamente possiamo diventare eccellenza nel mondo».

Confindustria chiede alla Regione: quattro cose fatte bene per attrarre investimenti?
«Concentrare le poche risorse ed energie rimaste non solo per studiare logiche clientelari degli anni ’50 ma puntare ad utilizzare al meglio l’industria del turismo, portare a reddito i beni culturali che potrebbero essere la prima industria siciliana senza inventarci nulla e recuperando migliaia di posti di lavoro con il coinvolgimento dei sindacati. Noi che non siamo competitivi nel settore delle raffinerie, dell’automobile, potremmo essere l’eccellenza nell’agroalimentare e nell’utilizzo dei prodotti del sottosuolo dove è tutto compreso, melanzane, ferro, marmo, torrone, prodotti della terra e del sottosuolo e il loro confezionamento, con attività di marketing. Del resto con le nostre coltivazioni sul vino siamo riusciti a diventare eccellenza. Occorre ora individuare altri settori merceologici».



Lenticchie, mandorle e altro.
«Possiamo diventare leader nel mondo sfruttando quello che abbiamo».



E il sole?
«È un mondo da aprire, raggi solari ed energie rinnovabili senza impatto ambientale, concentrare lì le risorse comunitarie anche per la ricerca: l’attuale indice di utilizzo del raggio solare è minimo e oggi nel mondo tutti stanno lavorando su come sfruttuarlo. E chi meglio di noi potrebbe?»

E le grandi opere?
«Niente grandi opere ma lo sviluppo e la realizzazione delle infrastrutture minime per mettere in rete i macrosettori e farli diventare competitivi: senza infrastrutture non decolla alcun investimento. Gli investitori valutano: perchè in Sicilia e non in Puglia, o in Grecia o in Tunisia? Se c’è pure la criminalità organizzata o la burocrazia asfissiante che è peggio della mafia, allora qui gli investitori non vengono di certo. Infrastrutture e ospitalità sono precondizioni minime e indispensabili per renderci competitivi, diversamente rinunciamo e facciamo gestire la Sicilia da un Paese esterno».

A Palermo che sta per eleggere un nuovo sindaco il tema è l’utilizzo e il rilancio dei 1.800 precari Gesip, come lo risolverebbe Confindustria?
«Gesip ma anche Amia con centinaia di esuberi: bisogna trovare sistemi meritocratici per reimpiegare e far produrre i lavoratori, una gestione manageriale e più trasparente. Soluzione definitiva sarebbe snellire le aziende e metterle sul mercato, ma prima renderle appetibili con amministratori seri, di indubbia moralità con storie limpide e senza ombre: basta un amministratore sbagliato per inquinare una gestione».

Il caso Palermo sembra disperato: gli industriali hanno fatto i conti e hanno calcolato che a Palazzo delle Aquile arrivano proventi per un miliardo e 71 milioni e i costi fissi sono un miliardo e 66 milioni, restano solo 5 milioni per gli investimenti.
«Ciascun candidato scriva cosa intende fare e consegni il foglio ai cittadini, faccia il suo business plan, sarà un buon sindaco colui che farà quello che ha scritto».

Per Confindustria è necessario un codice etico per i partiti?
«Confindustria attraverso me si è espressa con chiarezza: i partiti a livello nazionale si dotino di un codice etico unico in modo che il cittadino possa valutare i loro movimenti in base a norme uguali per tutti.

Caricamento commenti

Commenta la notizia