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Se l'arte diventa rifugio

Ultima settimana per visitare la mostra “Io siamo/Santachiara”, curata da Giusi Diana e realizzata con Riso. Gli artisti hanno riletto il vissuto di questa comunità ascoltando, lavorando con gli immigrati e rappresentando il disagio, il sogno, il futuro

PALERMO. Ultima settimana per visitare la mostra “IO SIAMO/Santachiara”, curata da Giusi Diana e realizzata con Riso, Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia,  per gli spazi del Centro Salesiano Santa Chiara di Palermo. Punto di riferimento del quartiere dell’Albergheria che opera accogliendo e prendendosi cura delle molte criticità dei migranti del quartiere.
Il progetto suggerisce la volontà di mettere insieme cose diverse, ma in fondo uguali, come sono arte e solidarietà, entrambe se vogliamo connotate dalle azione e dalla sensibilità dell’uomo.
Sette gli artisti, tra loro quattro collettivi: /barbaragurrieri/group, Fare Ala, Luca Lo Coco, Nostra Signora, Linda Randazzo, Stefania Romano e Ugo in the Kitchen.
Tutti hanno raccolto la sfida, non facile, del confronto inevitabile con lo spazio, con le culture e i colori della gente che vive in esso. Ogni giorno.
Uno spazio che per molti è casa, è rifugio, è unica certezza. Spazio conteso, spazio comune.
Ecco dunque venir fuori uno spaccato intenso, emozionante. Lavori puliti, che utilizzano il linguaggio dell’arte contemporanea per descrivere, testimoniare, raccogliere. Memorie che rivivono in molteplici rappresentazioni: foto scattate tra i ruderi sconosciuti di un piccolo teatro  popolato da presenze leggere come farfalle; un mosaico di logori stracci colorati che come un magico ombrello tiene al riparo dall’indifferenza; una piccola colomba virtuale segno di libertà che ammicca al passaggio; il gigantesco albero genealogico che apparenta tutti in una comune nascita dalla madre Terra; una lunga tavola imbandita dal colore, che è desco, legno di lavoro, è riunione, è convivio; e ancora un delicato video che appassiona; o brevi ritratti densi di volti sconosciuti.
“IO SIAMO/ Santa Chiara” è una collettiva di grande pregio. Il tutto ben integrato con il contesto.
Un contesto fatto di quotidianità, di voci, di odori forti e lontani, di contrasti. Intorno un via vai di gente che è essa stessa parte viva del progetto. Gente comune.
Storie vere di uomini, intensamente indagate, che hanno messo in luce un’umanità senza voce. Perché non basta solo guardare per vedere, ma occorre saper leggere nelle facce, negli occhi, nelle parole o nei silenzi di quanti cercano una rinascita, l’opportunità di ricominciare. A volte riuscendo a trovarla. Come accade non di rado a Santa Chiara.
Gli artisti hanno riletto il vissuto di questa comunità ascoltando, lavorando con gli immigrati e, insieme a loro e per loro, rappresentando il disagio, il sogno, il futuro.
“ IO SIAMO/santa chiara” cala con amarezza un grave sipario su Riso, il Museo sospeso. Che in questi anni non senza difficoltà e continue incertezze, ha lavorato cercando di costruire un sistema attivo, logico, lineare. Capace di dialogare con ciò che sta fuori, con ciò che è vivo, vero, a volte anche inaspettatamente. Come questa ultima mostra dimostra.
Un Museo atipico dunque fuori standard. E forse per questo scomodo. Non contenitore da riempire senza criteri, non entità cristallizzata e opaca. Come invece sono le azioni di quegli uomini che hanno paura di ritornare sui propri passi.

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