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Governo, si passi alla prova dei fatti

Il nuovo esecutivo è nato ma per il momento naviga decisamente a vista e sottocosta. Sta molto all’ombra del binomio Merkel-Sarkozy. Monti oltre alle enunciazioni e alle affermazioni di principio non ha fatto molto di più

La politica italiana sembra aver raggiunto la pace dei sensi. Lo conferma, meglio di qualunque altro indicatore, il calo di ascolti e di interesse per i talk show televisivi. Senza più un nemico contro cui scalmanarsi, senza più un regime da abbattere non c’è più gusto. Il nuovo governo è nato ma per il momento naviga decisamente a vista e sottocosta. Sta molto all’ombra del binomio Merkel-Sarkozy cercando, evidentemente, di trovare in Europa quella legittimazione politica che ancora non è riuscito a conquistare sul fronte interno. A dispetto dell’oceanica maggioranza che gli ha dato la fiducia. Monti oltre alle enunciazioni e alle affermazioni di principio non ha fatto molto di più. Non ha ancora spiegato come intende rilanciare la crescita e abbattere il deficit secondo criteri di equità. Ha tagliato l’autotassazione di novembre. Ma non è stata una decisione autonoma. Ha semplicemente applicato una regola varata a luglio da Tremonti.
Il governo tecnico ha parlato di un nuovo incremento Iva che tuttavia appare veramente poco raccomandabile se non sui beni di lusso, alcoolici e non di prima necessità. Insiste sull'Ici che rappresenterebbe un ulteriore impoverimento se generalizzata. Per il resto è ancorato a un'ipotetica patrimoniale e sulla solita ineffabile caccia all’evasore fiscale. Tutte misure, insomma, che certamente non sono in grado di muovere l'economia e lanciare la crescita.
Servirebbero forti azioni di deregulation - del mercato del lavoro, per esempio - e liberalizzazioni unite al taglio di tutto l'apparato pubblico centrale e locale. Insomma quella ricetta liberale di cui lo stesso professor Monti si faceva profeta nei convegni e negli articoli sui giornali. Per ora niente di concreto. Per carità. Nessuno pensa che il Presidente della Bocconi debba calzare per forza gli stivali delle sette leghe. Ma neanche restare immobile. Qualcuno era arrivato a ipotizzare che le riforme sarebbero arrivate nel giro di una settimana. Ora si comincia già a parlare della solita politica dei due tempi: dapprima la manovra da quindici miliardi per mettere i conti in sicurezza. Poi gli interventi strutturali: sulle pensioni, sul lavoro, sui tagli alle spese e alla casta. Insomma il solito menù. Sono decenni che assaggiamo questa pietanza. Con risultati invariati: i sacrifici sono immediati. I cambiamenti radicali invece spostati nel futuro. Molto spesso al tempo del mai. Francamente non è questo che i cittadini si aspettano da un governo tecnico nato dalla sospensione della politica proprio per fare subito poche cose molto concrete e poi passare la mano.

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