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La richiesta di dimissioni a Berlusconi? Un esercizio scaramantico

Il Paese deve puntare sulle riforme. "Sia Alfano che Berlusconi sanno che l'Italia paga il conto di una paralisi che dura dalla fine degli anni Novanta"

Abbiamo chiesto al segretario del PdL Angelino Alfano di commentare in modo non schematico la reiterata richiesta di Bersani e la risposta è stata questa: «Guardiamoci intorno. In Spagna Zapatero, considerato responsabile della crisi spagnola, prima annuncia il suo ritiro dalla politica e poi convoca elezioni anticipate, che erano state chieste a gran voce dall'opinione pubblica per dare segnali positivi ai mercati. Risultato? Borsa di Madrid in picchiata. Dopo una esasperante trattativa, Barack Obama raggiunge un accordo con i repubblicani per evitare il default degli Stati Uniti. Nei giorni successivi Wall Street precipita. Obama dunque dovrebbe dimettersi? No, ha vinto le elezioni e ha il dovere di governare. La richiesta di dimissioni di Berlusconi è dunque niente di più di un esercizio scaramantico. Ma se lui si dimettesse, quanti governi tecnici dovrebbero alternarsi perché all'ultimo capiti il colpo di fortuna di incrociare la fine della crisi americana?»
Il ragionamento è sensato, ma sia Alfano che Berlusconi sanno che l'Italia paga il conto di una paralisi che dura dalla fine degli anni Novanta. Lo stesso commissario agli affari economici dell'Unione Europea ieri ha detto che - se non ha senso lo spread dei nostri titoli di Stato su quelli tedeschi - l'Italia deve accelerare sulle riforme. Adesso il governo punta molto sull'effetto risveglio dei sette miliardi di opere pubbliche sbloccati l'altro giorno. Perché non sono stati spesi finora? Solo per la resistenza passiva di Tremonti venuta improvvisamente a mancare? È evidente che sentire ancora parlare di Salerno- Reggio Calabria è controproducente se i cantieri residui non si apriranno immediatamente, se il presidente del Consiglio - lì e negli altri siti indicati - non andrà a controllare l'apertura dei lavori come fece per le case leggere dell'Aquila costruite in sei mesi. È ovvio peraltro che sette miliardi di lavori sono soltanto un modesto, seppur virtuoso, contributo alla crescita del Paese.
Se la delega fiscale sarà anticipata, quando e quanto ne beneficeranno i cittadini e le imprese? Quando parlano di liberalizzazioni, maggioranza e opposizione pensano anche alle aziende municipalizzate? E che ne sarà dell'abolizione delle province? Gli imprenditori sono disposti a rinunciare ai contributi a pioggia in nome di una politica di incentivi più seria e coordinata? E i sindacati sono pronti a rivedere le soglie pensionistiche e perfino quell'articolo 18 che segnò la Caporetto dell'altro governo Berlusconi, ma che ha bloccato tante e tante assunzioni nelle piccole imprese? Un Ferragosto di lavoro su questi temi sarebbe utile a tutti...

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