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L'urgenza di una riforma fiscale

Sale la pressione fiscale sui salari. A certificarlo è l'Ocse. L'anno scorso il 46,9% del salario degli italiani è stato assorbito dalle imposte con un incremento dello 0,4% rispetto al 2009. Vuol dire che fino alla meta del mese di giugno gli italiani lavorano per pagare le tasse. Poi, finalmente si può cominciare a respirare. In questa speciale classifica che misura il grado di oppressione tributaria siamo saliti al quinto posto scavalcando l'Ungheria. Davanti restano il Belgio, la Francia, la Germania e l'Austria. Le distanze, però, si stanno accorciando. Una rincorsa di cui certamente non c'è da andare orgogliosi. 
I dati confermano, casomai fosse ancora necessario l'urgenza di una riforma fiscale che finalmente restituisca potere d'acquisto al lavoro. La ragione della lentezza con cui l'Italia sta uscendo dalla recessione è tutta qui. Ieri il Fondo Monetario lamentava lo scarso dinamismo dell'economia italiana. Ma è come lamentarsi di un atleta che perde la gara dovendosi portare sulle spalle uno zaino di zavorra. A trainare lo sviluppo sono le esportazioni. Il mercato interno resta stagnante. Né potrebbe essere altrimenti visto che il peso del cuneo fiscale impedisce alla domanda interna di tornare brillante.
È chiaro che, in queste condizioni qualunque stimolo alla ripresa è destinato a cadere nel vuoto. Gli aumenti salariali vengono mangiati per metà dal fisco e le imprese non hanno nessuna spinta ad accrescere l'occupazione. Certo non è una situazione che nasce oggi. L'enorme debito che lo Stato ha accumulato negli anni impone una politica fiscale molto rigorosa. Ieri sempre il Fondo Monetario ha riconosciuto la severità del ministro Tremonti che ha tenuto molto stretti i cordoni della borsa. Una condizione che ha permesso all'Italia di superare meglio degli altri Paesi la tempesta. Un risultato che è stato ottenuto, però, giocando più sul lato delle entrate che non sul taglio delle spese e sulla bonifica degli sprechi. Il centrodestra, quindici anni fa promise una riforma fiscale radicale. Ancora oggi il ministro Tremonti batte su questo tasto. Speriamo, prima della fine della legislatura di vedere qualcosa di concreto.

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