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Gioie e dolori dell'Inter campione del mondo

Sembra ormai inevitabile il divorzio tra Moratti e Benitez subito dopo la conquista del quinto titolo 2010 da parte dei nerazzurri. Il campionato regala un Napoli che può arrivare ovunque

Prima di diventare campione del mondo (ehm ehm) Benitez era l'ideale testimonial natalizio: lo vedevi bene, il Rafa, già con le gote rosse e la figura rotondeggiante, indossare la barbona finta e il cappello di Babbo Natale e porgere con tono educato e confidenziale tanti auguri al mondo del calcio. Inter compresa, naturalmente. Ma ha vinto, ha strapazzato i congolesi del comesichiama Mazembe e invece di darsi alla pazza gioia con quelli dell'Inter Mondiale (ah, i tempi dell'Independiente, dell'Estudiantes, del Santos) ha mandato a quel paese Moratti & Company: con tal vigore che alla fine a quel paese ci andrà lui; ma con dignità, con orgoglio, rinforzando la flebile voce per gridare al presi/dente (sorriso colgate) «ho pazientato ormai troppo, ora basta: o mi dai quattro uomini nuovi o parli con il mio procuratore».



Come dire: dimissioni. Cosa che prima di lui ha fatto Mourinho, dopo aver vinto la finale Champions; e Mancini, quando ha saputo della trattativa con Mourinho; e prim'ancora - nella notte dei tempi - Corrado Orrico, l'unico che lasciò volontariamente la panchina e qualcosa come quattrocento milioni di lire all'Inter di Pellegrini. Benitez - come i predecessori - non ci rimetterà una lira ma certo in futuro eviterà - se il divorzio sarà inevitabile - ogni contatto con il calcio italiano: l'unico dove un presidente sputtana regolarmente il proprio tecnico dicendo addirittura, alla vigilia di un match importante come il campionato del mondo, che in altri tempi per le sue malefatte l'avrebbe esonerato. Oggi no, oggi fa solo sapere urbi et orbi che Benitez non gli piace. E lo fa dire - in particolare - dal suo più qualificato portavoce, Materazzi, che maleducatamente scarica il tecnico con la stessa colpevole disinvoltura con cui ottenne la testa di Balotelli. Peccato: peccato perché l'Inter è stata, fino all'altro giorno, il club più importante e vittorioso d'Italia e nel giro di pochi mesi s'è tramutata nella Grande Malata. Di follìa, naturalmente. Incidenti a parte. Ho definito tempo fa Benitez «l'agnelleone», creatura di Disney: un leone con l'animo da agnello chiamato Abele ma pronto - davanti alla prevaricazione - a farsi autorevole e perigliosa belva. Così fu. Buon Natale, don Rafa: la prossima volta, però, ce lo dica prima, non dopo i fuochi di Dubai, che Moratti s'era impegnato per tre rinforzi; le avremmo risparmiato molte critiche e il gioioso valzer della panchina.



Quel che resta del campionato - perduto per strada anche il Milan sconfitto da una Roma coraggiosamente non più di Totti ma di Borriello - è poca cosa e tuttavia con pochi gol (sei più il bel 3 a 2 di Lazio-Udinese) ha dato una particolare impronta alla classifica: la Juve sbaglia (vero Delneri?) gli ultimissimi cambi e perde due punti a Casa Chievo; la Lazio riesce a diventare protagonista grazie all'intensità operativa offertale da Edy Reja alla faccia dei soloiti mestatori; il Napoli fenomeneggia raggiungendo l'ennesimo traguardo vittorioso a tempo scaduto - in Zona Mazzarri - e confermando la grandezza di Edinson Cavani da Maranello (è uruguagio, ma il papà viveva e lavorava nella patria della Ferrari) che ha da solo sconfitto un Lecce forse addirittura meritevole di vincere. Rivista la partita-qualifica per l'Europa League, vinta a metà settimana con lo Steaua di Bucarest, apprezzate le medesime modalità e il gran gol firmato dal solito fantastico e implacabile Cavani, viene naturale dire che il Napoli può battersi per un posto di vertice - scudetto compreso - soprattutto se si rafforzerà adeguatamente a gennaio. Poi la Befana gli porterà l'Inter e la prima giornata di gennaio - il 9 - la Juventus. Due partitissime per leggere il futuro. Adesso ditemi se questo è o no il più emozionante campionato del mondo.

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