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Al 41 bis ma dirigevano i clan

Le indagini del Ros a Palermo. I Madonia e Nicolò Di Trapani avrebbero gestito gli affari tramite i periodici colloqui con i familiari e un fitto scambio di corrispondenza

PALERMO. I sequestri sono stati effettuati a Palermo e nei comuni di Cinisi, Carini e Isola delle Femmine. Il patrimonio finito sotto i sigilli è riconducibile ai fratelli Madonia e Di Trapani, all'imprenditori Vincenzo Sgadari e a Massimiliano Lo Verde, già raggiunti da ordinanze di custodia cautelare emesse il 5 dicembre 2008 e il 3 aprile 2009, per associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni e altri reati.    
Le indagini hanno documentato il ruolo di vertice della famiglia Madonia nelle strategie di Cosa nostra e l'evoluzione della gestione del mandamento di Resuttana, in cui si erano avvicendati Giovanni Bonanno, Diego Di Trapani e Salvatore Genova, designati da Antonino Madonia in accordo con Salvatore Lo Piccolo, all'epoca principale esponente della mafia palermitana. Secondo quanto accertato dalle indagini, Francesco Madonia (deceduto nel marzo di tre anni fa), i figli Antonino, Giuseppe e Salvatore, e il cognato di quest'ultimo, Nicolò Di Trapani, nonostante fossero sottoposti al regime del 41 bis, continuavano a dirigere il clan, tramite i periodici colloqui con i familiari e un fitto scambio di corrispondenza.    
Per quanto riguarda Sgadari, l'imprenditore ha svolto il ruolo di intermediario nella soluzione di una controversia tra Giovanni Bonanno e Francesco Di Pace, per la gestione della cassa comune della famiglia mafiosa di Resuttana, e sarebbe stato un tramite attraverso il quale i latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo, comunicavano le proprie direttive all'intera organizzazione criminale. Sgadari era anche l'intestatario di complessi residenziali, fabbricati rurali, terreni magazzini e locali commerciali.  

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