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La svolta del nucleare

Oggi a Palermo si parla di nucleare. L'Università ospita una delle tappe del road show sull'energia atomica. Relatore Francesco De Falco, amministratore delegato di Sviluppo Nucleare Italia, la società mista tra Enel e la francese Edf che ha il compito di sviluppare il progetto dei quattro reattori previsti nel nostro Paese.



«Oggi - dice De Falco - l'Italia è troppo sbilanciata sulle fonti fossili, e in particolare sul gas, con il risultato che i nostri costi di produzione del kWh sono i più alti d'Europa. Mediamente di circa il 20%, ma con punte del 100% rispetto alla Francia, che soddisfa gran parte della propria domanda elettrica con il nucleare». Il tema della economicità dell'atomo è molto frequentato. Tuttavia non tutti sono d'accordo: fra costo dell'impianto, gestione e successivo smaltimento delle scorie il costo finale risulterebbe ben più alto. Come la mettiamo? «Considerando la durata di vita di una centrale nucleare (circa 60 anni per i nuovi impianti), tutti gli analisti indipendenti concordano sulla convenienza dell'energia nucleare. L'Agenzia per l'Energia Nucleare e l'Agenzia Internazionale per l'Energia hanno recentemente pubblicato uno studio sui costi di generazione dell'energia elettrica dalle varie fonti, dal quale si desume che la produzione di elettricità da impianti nucleari della terza generazione è largamente inferiore a quella del petrolio. A questo bisogna aggiungere una considerazione di ordine più generale».
Quale?



«Il combustibile contribuisce con una quota minima (20%) alla generazione elettrica di una centrale nucleare. Se anche il prezzo dell'uranio raddoppiasse, l'aumento dei costi sarebbe modesto, di pochi punti percentuali. Viceversa, nel caso delle fonti fossili quello del combustibile è il costo largamente prevalente (80%). Per cui, se raddoppiasse il costo del barile di petrolio - e di conseguenza quello del gas - il riflesso sul prezzo di generazione sarebbe elevato. Dunque il nucleare non solo è la fonte più competitiva, ma anche quella più stabile di fronte a imprevedibili evoluzioni del mercato. Due parametri che, da un punto di vista strategico, costituiscono forti elementi a favore del nucleare per chiunque è interessato alla sicurezza energetica del Paese e a vedere ridotte le bollette elettriche».



Restano aperti diversi problemi: per esempio la gestione delle scorie. «È un tema fin troppo enfatizzato. In realtà non esiste un problema di stoccaggio. Le centrali europee sono tutte abbastanza recenti. Sono in condizioni di gestire nella massima sicurezza all'interno dell'impianto il problema del combustibili esausti». E tutte le polemiche su questo tema? «Da una parte è responsabilità dell'industria nucleare che non si è mai preoccupata di affrontare il tema con la necessaria chiarezza proprio perché consapevole del fatto che non si tratta di un problema immediato. Dall'altro la presenza di potrei forti e interessi blindati che hanno accentuato le criticità». La Sicilia è una piattaforma energetica vitale per il Paese. Lo sarà anche con il nucleare? «La Sicilia è strategica per l'industria petrolifera vista la sua collocazione geografica. Per il nucleare è un'area come un'altra. Né migliore né peggiore».
E il rischio sismico?
«Un'altra favola. In Giappone le centrali nucleari sono costantemente esposte al pericolo di terremoti. In qualche caso ci sono state scosse superiori a quella dell'Aquila. Non è mai accaduto nulla».

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