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Se l’ambiente influenza la crisi

«La maggior parte delle crisi che affligge l'economia mondiale è, in ultima istanza, di origine ambientale: cambiamento climatico, inquinamento, carenza idrica, depauperamento del patrimonio faunistico e ittico nonché del suolo arabile, riduzione dei giacimenti petroliferi, persistenza di grandi sacche di povertà, minacce di pandemie e una pericolosa disparità nell'appropriazione delle risorse all'interno dei singoli Paesi e fra le diverse nazioni». Lo scrive l'autorevole scienziato Edward O. Wilson nell'introduzione al saggio di Jeffrey D.Sachs Il bene comune. Economia per un pianeta affollato (Mondadori).
L'autore è direttore dello Earth Institute della Columbia University e consigliere speciale del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon per gli Obiettivi di sviluppo del millennio. Il saggio, circa 400 pagine, affronta lo spettro dei nodi del pianeta Terra: le variazioni climatiche dovute all'innalzamento della temperatura terrestre, la progressiva diminuzione delle risorse alimentari, la sempre più rapida e frequente diffusione di epidemie, la morsa della povertà estrema che coinvolge più di un miliardo di persone. Per non parlare dell'impetuoso incremento demografico e del crescente degrado ambientale. Insomma la specie umana sembra davvero sull'orlo dell'abisso.
Sachs lo dimostra, con una infinità di dati e approfondimenti, sulla necessità di interventi rapidi delle organizzazioni sovrannazionali, dei singoli Stati, delle imprese e delle ong. Un saggio che fa riflettere anche sulle responsabilità collettive, ma anche individuali, cioè dei singoli cittadini. Per capire meglio la natura delle responsabilità forse è utile conoscere la realtà ambientale e la sua genesi. Ci ha pensato Fulco Pratesi, scrittore e fondatore del WWF Italia, di cui oggi è il presidente onorario, col libro Storia della natura d'Italia (Rubbettino). Lo scopo di questo pregevole studio è di dimostrare come sia cambiata la penisola italiana, partendo da un territorio interamente naturale alla fine del periodo Mesolitico e alle soglie della Rivoluzione Neolitica, cioè in 10 mila anni, sino alla situazione attuale. Si tratta cioè di un territorio che, a parte rare eccezioni, è stato totalmente modificato, trasformato, degradato dall'opera di circa 300 generazioni.
Questi cambiamenti sono stati proprio necessari? Pratesi analizza anche questo, ma soprattutto mette in rilievo la necessità di salvaguardare il nostro territorio, così allungato da nord a sud, con la testa in ambiente artico sulla vetta delle Alpi e i piedi in Africa, con le isole siciliane. Un Paese che, per fare solo un esempio, presenta una ricchezza di specie animali e vegetali da far invidia a tutti gli altri Stati europei (più di 5500 specie vegetali). C'è da far pensare sui comportamenti di tanti , troppi, barbari che inquinano e danneggiano l'ambiente del nostro Paese.
Infine, due segnalazioni. La prima è un piccolo saggio, pubblicato da Formiche, Come cambia il cambiamento climatico (con introduzione di Corrado Clini, direttore generale del ministero dell'Ambiente). «Dopo Copenaghen - osserva Clini - l'Europa deve ripartire dalle soluzioni che è in grado di offrire già oggi, meglio e più di quanto Usa e Cina possano fare: in altre parole è urgente costruire una piattaforma europea sui tre pilastri tecnologici dell'efficienza energetica, delle rinnovabili e del nucleare».
Prendano nota tutti quegli ambientalisti fanatici che combattono ideologicamente l'atomo, senza tener conto che, per fortuna, la paura di una nuova Chernobyl è sempre più lontana. Il secondo saggio segnalato è quello di Angelo Chianale, Emergenza! Protezione civile e democrazia (Guerini e associati). La tesi di questo studioso (docente di diritto all'Università di Torino) è che l'allargamento delle competenze della Protezione civile, al di là delle strette emergenze, può nuocere agli equilibri democratici delineati dalla Costituzione. Una tesi rispettabile, ma che non si concilia, purtroppo, con la realtà della pubblica amministrazione, lenta, pachidermica e costosissima. La Pc, negli anni, ha svolto solo un ruolo di supplenza. Forse per ridimensionare i compiti della Pc bisogna aspettare che le istituzioni normali sappiano svolgere il loro ruolo in tempi rapidi e non eccessivamente burocratici. L'analisi giuridica di Chianale rimane comunque encomiabile.

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