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Mafia a Palermo, blitz con 15 arresti

Nel mirino la cosca di Porta Nuova. Al vertice della cosca personaggi di spicco come il "reggente" Gaetano Lo Presti, Giovanni Lipari, Gerlando Alberti

PALERMO. I carabinieri stanno eseguendo a Palermo 15 fermi nei confronti di esponenti del mandamento mafioso di Porta Nuova che avrebbero gestito estorsioni, traffico di droga e rapine: le attività della nuova frontiera criminale di Cosa nostra.
L'operazione, denominata in codice "Eleio", costituisce lo sviluppo di un'altra inchiesta che alla fine del 2008 portò alla scoperta di un progetto per la ricostituzione della "cupola" mafiosa. Ora sono stati ricostruiti gli organigrammi del mandamento di Porta Nuova, che ha un ruolo centrale nei nuovi assetti dell'organizzazione, e della famiglia del Borgo Vecchio.
Al vertice della cosca personaggi di spicco come il "reggente" Gaetano Lo Presti, Giovanni Lipari, Gerlando Alberti, nipote e omonimo di uno dei capi storici di Cosa nostra, e Salvatore Milano.
Attraverso una lunga indagine che si è avvalsa dei risultati di intercettazioni ambientali è stata individuata tra l'altro una sala scommesse che uno degli indagati, Antonino Abbate, utilizzava come proprio "ufficio" di capo della famiglia di Borgo Vecchio.
L'odierna operazione antimafia condotta dai carabinieri a Palermo ha consentito, attraverso numerose conversazioni intercettate e le riprese di incontri tra gli affiliati, di documentare un significativo "spaccato" della vita quotidiana del capo di una famiglia mafiosa impegnato nella gestione di estorsioni e droga. I boss si preoccupavano anche di sostenere economicamente le famiglie dei detenuti e di trovare i soldi per le spese legali. Il controllo della vita del quartiere comprendeva perfino l'interessamento per l'assegnazione di case popolari. Ma sotto pressione erano soprattutto le attività imprenditoriali.
La cosca aveva rivolto la sua attenzione in particolare su un appalto di 5 milioni di euro all'interno dell'area portuale di Palermo. La mafia chiedeva il 3 per cento della commessa, cioè 150 mila euro.
Il soldi ricavati dall'imposizione del "pizzo" a numerosi titolari di imprese edili e commercianti, tra cui i titolari della pizzeria "Bellini" nel centro di Palermo, venivano reinvestiti nel traffico di cocaina e hashish. Accertato tra l'altro l'acquisto di dieci chili di cocaina. La droga era destinata al mercato siciliano dove veniva distribuita attraverso una rete di spacciatori.    
Ricostruito infine il sistema di relazioni tra la cosca di Porta Nuova e i boss dei mandamenti di Pagliarelli, Resuttana e Santa Maria del Gesù. Alle indagini hanno dato un importante contributo anche quattro collaboratori di giustizia.

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