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Mafia, si costituì contro Riina: il Viminale le nega i benefici

Caterina Somellini fu parte civile nel processo contro il boss. A distanza di 15 anni il Ministero dell'Interno ha rigettato la sua richiesta per ottenere il sostegno previsto per le vittime della criminalità di tipo mafioso

Palermo. La mafia le ha ucciso i figli e il genero nel 1995 a Corleone. Uno dei nipotini si salvò per miracolo dall'agguato perché la madre lo coprì con il suo corpo dalle pallottole. Caterina Somellini, madre delle vittime e nonna di due bambini rimasti orfani, si costituì parte civile nel processo. A distanza di 15 anni il Ministero dell'Interno ha rigettato la sua richiesta, presentata anche nella qualità di tutrice dei propri nipoti, per ottenere i benefici previsti per le vittime della criminalità di tipo mafioso. Il Ministero ha ritenuto che non sarebbe stata raggiunta la "prova obiettiva della sussistenza dei requisiti oggettivi per l'ottenimento dei benefici e cioé della totale estraneità della vittima e del beneficiario ad ambienti e rapporti delinquenziali".     
Il processo è stato celebrato tra la fine degli anni 90 e i primi anni del 2000, davanti alla Corte di Assise di Palermo. Imputati erano Leoluca Bagarella, Leonardo e Vito Vitale, Giovanni Brusca considerati gli autori materiali degli omicidi e Giovanni Riina, allora incensurato, figlio del capomafia Salvatore Riina. Per i boss il sospetto era che i Giammona fossero coinvolti in un fantomatico progetto, ispirato dalle cosche perdenti, per rapire Giovanni Riina. La Corte di Assise ha condannato tutti gli imputati e sancito che "non emerge alcun minimo elemento che conforti l'ipotesi di legami o contatti di qualsiasi genere stabiliti tra Giuseppe Giammona e persone o comunque a gruppi o ambienti della criminalità organizzata". I legali della Somellini, gli avvocati Mario Milone e Carmelo Franco, hanno anticipato che proporranno ricorso alla decisione del Ministero.    
"Per la prima volta siamo riusciti ad aiutare una familiare delle vittime a chiedere giustizia contro i Riina e i Bagarella. La donna che continua ad abitare a Corleone ha creduto nello Stato e quindi sarebbe proprio un'ingiustizia negarle i benefici previsti dalla legge", afferma Pippo Cipriani, ex sindaco del comune di Corleone che in quel processo si è costituito parte civile.

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