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La crisi a Palermo, fatturato imprese in calo e più disoccupati

I dati presentati alla Camera di Commercio del capoluogo siciliano dall'Osservatorio economico dell'istituto Tagliacarne

Palermo. Palermo, come il resto delle  economie territoriali del mondo, è alle prese con la difficile sfida di traghettare il proprio sistema produttivo fuori dalla  recessione, minimizzandone le perdite ed i conseguenti impatti  sociali. Questa l'analisi dell'economia cittadina elaborata dall'Osservatorio economico dell'istituto Guglielmo Tagliacarne, presentato alla Camera di commercio di Palermo. E sul Giornale di Sicilia oggi in edicola c'è un ampio servizio sull'argomento.

Disoccupazione in aumento. La disoccupazione a Palermo e  provincia, alla fine del 2008, si attesta al 17,1% (Italia 6,7%)  e cela sacche di disoccupazione nascosta e di disoccupati scoraggiati. Il dato emerge dall'analisi dell'economia cittadina elaborata dall'istituto Tagliacarne.
In questo contesto, nel 2008 a Palermo il ricorso alla Cassa  integrazione cresce più che rispetto alla media regionale, pur  in presenza di una quota di addetti industriali relativamente  meno rilevante. Ciò è un indizio circa il fatto che il tessuto industriale palermitano stia, in realtà, pagando un prezzo  ponderoso alla recessione. In effetti, la debolezza del mercato del lavoro locale, iniziata già prima che si innestasse l'attuale recessione, insieme all'esplosione della Cig nel 2009 (dovuta anche alle difficoltà nel commercio), sono altrettanti  indizi del fatto che il tessuto imprenditoriale provinciale, e  la relativa base occupazionale, stanno subendo gli effetti della  crisi in forme e con intensità da monitorare.

Pil in calo.  "L'economia palermitana - si legge nel report - viene da un  periodo di crescita particolarmente debole, poiché già dal  2006 l'andamento del Pil provinciale si è collocato al di sotto  della media regionale e di quella nazionale, evidenziando prima  una sostanziale stagnazione e poi, a partire dal 2008, una  flessione del Pil provinciale del -3,2% (Sicilia -1,2%; Italia  -1%) che anticipa la crisi economica. L'evidente rallentamento,  e poi l'inversione, della crescita economica locale, dipende in  primo luogo da fattori strutturali di debolezza negli assetti  competitivi del territorio". Il sistema produttivo palermitano è costituito  prevalentemente da ditte individuali (nel terzo trimestre 2009 a  Palermo 74,2%, in Italia il 63,3%) mentre la presenza delle  imprese più capitalizzate e strutturate, anche in termini di  modelli di governance ed articolazione organizzativa interna,  ovvero le società di capitali, è ancora poco marcata (10,6% a  Palermo, in Italia 17%). "Un simile assetto - dice il report -  rischia di essere esposto alla recessione, in quanto le imprese  più piccole, meno patrimonializzate, hanno una strutturale  difficoltà di accesso al credito, non potendo fornire garanzie  patrimoniali particolarmente elevate".


Fatturato delle imprese in picchiata. Guardando il fatturato delle  imprese per il 2009 si evince un calo del -17,2% per l'economia  palermitana nel suo complesso. Secondo l'istituto, tra i settori, quello delle costruzioni  registra la peggiore variazione (-21,3%), a conferma delle  dinamiche già in atto nel 2008 sia a livello locale che a  livello nazionale. Variazioni negative del fatturato si  riscontrano anche nel manifatturiero (-19,6%). Anche il settore  dell'agricoltura ed il settore dei servizi presentano dei  risultati negativi, ma l'intensità del peggioramento è minore. Il commercio (-18,3%), il turismo (-15,2%) ed il terziario  avanzato (-17,1%) sono i comparti il cui volume d'affari risente  maggiormente della riduzione dei consumi, mentre sembrano  reggere in modo migliore i trasporti (-10,9%) e gli altri  servizi (-7,8%) che registrano le performance migliori tra tutti  i settori dell'economia. Circa il 27% delle imprese scarica gli effetti della crisi  finanziaria a monte, ritardando i pagamenti dovuti ai propri  fornitori, propagando di fatto gli effetti della recessione  lungo l'intera filiera produttiva e generalizzandola all'intero  sistema produttivo. Un ulteriore 13% è costretto a ritardare i  pagamenti ai lavoratori, contribuendo così alla contrazione dei  consumi finali, in una spirale perversa che, dal rallentamento della domanda, finisce per creare ulteriori problemi alle imprese offerenti.

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