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Fannulloni alla riscossa in Sicilia

Torna la stagione dei fannulloni in Sicilia. Una situazione che ormai ha valicato i confini nazionali fino a campeggiare sulle prime pagine di «Le Figaro», il più diffuso quotidiano nazionale francese. Invece di protestare contro il solito sciovinismo transalpino varrebbe, forse, la pena, soffermarsi a riflettere bene su quanto sta accadendo. Un clima di lassismo generale all'interno della macchina burocratica che ha diverse motivazioni. A cominciare dallo scarso controllo dei dirigenti. La riforma introdotta dal ministro Brunetta sembra essersi fermata sulle rive dello Stretto. Nella struttura statale ci sono stati dei miglioramenti (anche se negli ultimi mesi antichi vizi sono tornati a riaffiorare). In Sicilia nulla.
Come sempre il pesce puzza dalla testa. Il punto centrale per combattere il «fannullonismo» è infatti la motivazione dei dipendenti, il ruolo dei dirigenti e la loro funzione di controllo. I fannulloni esistono laddove ci sono cattivi dirigenti che non fanno il loro lavoro, che sono menefreghisti e lassisti. A peggiorare il quadro, alla Regione ha contribuito anche la massiccia stabilizzazione di precari. Migliaia di persone che sono entrate senza un posto. Ma solo per avere uno stipendio. Nessuno che si stia occupando di razionalizzare questo flusso. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: organici pletorici, uffici regionali che, almeno sulla carta, traboccano di personale senza fissa attività. Criteri di efficienza saltati. E il merito? Inutile anche pronunciare la parola. Al punto in cui è ridotta la macchina della Regione è una missione impossibile. Come chiedere a un paraplegico di correre i cento metri.
I costi sono enormi. Sta avvenendo un gigantesco trasferimento di ricchezza: dalla parte sana della Sicilia che lavora e produce a quella improduttiva. Vuol dire che le tasse della parte più attiva della popolazione servono a finanziare fasce di popolazione che produce poco o niente. In questo modo la ricchezza non serve a creare sviluppo ma solo a finanziare la sopravvivenza di ceti parassitari. E questa, certamente, non è giustizia.

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