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Melissa Muller, la cuoca di New York porta la Sicilia a Manhattan

In un pezzetto di manna, trasportato con volo intercontinentale da Palermo a New York, ci si può tenere un mondo a portata di ispirazione. E' l'inizio di una delle tante storie che legano a doppio filo le persone ai luoghi: in questo caso la chef newyorchese Melissa Müller Daka alla Sicilia.

Quel luogo, quella terra, lei la frequentava fin da bambina per andare a trovare la famiglia di origini agrigentine. Ma e' solo dopo avere gustato la dolcezza della manna che l'amore si e' rinsaldato tanto da convincerla a dedicare un libro alla cucina isolana: così e' nato Tasting Sicily, in uscita nel 2016 con Rizzoli per il mercato americano.

I mille usi della melanzana, del pomodoro, della cipolla, le primizie come tenerumi e cardi, l'antico impiego della carruba, il "cloister" modicano del cioccolato; le interviste ai caseari di nicchia e ai cuochi di paese; e anche un focus di sulla nuova cucina siciliana che ha i suoi epigoni in chef come Tony Lo Coco, Angelo Treno e Pietro D'Agostino: queste sono alcune anticipazioni del libro.

"Tony Lo Coco mi ha stupito con il suo appetizer di gelato ai ricci di mare. Lo puoi amare o odiare ma e' una sperimentazione estrema sulla base di prodotti tipici. Sono tantissimi gli chef che, con l'aiuto di Slow food, rendono brillante la scena della ristorazione in Sicilia", dice Melissa.

Trentasei anni, una laurea in giornalismo e un diploma all'Istituto Culinario di Soho, Melissa nel 2001, apre il suo primo ristorante a Bleecker street, Manhattan. "Il menu era toscano, allora la città era troppo ferita per proporre delle novità mentre la cucina toscana era una certezza, ben riconoscibile dai palati di New York". Presto, nel 2010, riesce però a
realizzare il suo sogno e ad aprire Eolo e Pastai, due locali dove si mangia e si beve solo siciliano.

In uno sforzo che accomuna molti giovani chef italiani a New York, anche Melissa e' impegnata nella ridefinizione di senso dell'autentica cucina italiana.

"Cerco di mantenere la creatività e la tradizione in cucina ma, certo, anche io faccio dei compromessi. Un esempio e' la pasta con le sarde: a seconda del territorio, in Sicilia, si fa con o senza pomodoro. Io ho proposto entrambe le versioni nel mio ristorante ma quella con il pomodoro si adatta meglio al palato americano. Stempera il gusto nudo della sardine che per loro e' troppo verace, t oo fishy, come lo hanno definito. D'altra parte siamo a New York e non in Sicilia, per cui devo aspettarmi una diversa reazione al cibo"

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