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Cresce l'economia siciliana ma è allarme per disoccupazione e precariato - Video

PALERMO. L’economia siciliana cresce a ritmi leggermente superiori rispetto a quella nazionale, dopo anni in caduta libera. Così, dopo la svolta del 2015 (+2,1% certificata dall’Istat), anche nel 2016 si registra un incremento del Pil dell’1,3%, al quale seguirebbe nell’anno in corso un rafforzamento all’1,8% con un successivo miglioramento nel 2018 (+1,5%). Risultano tutti moderatamente positivi gli indicatori economici: dalle esportazioni ai consumi, con la disoccupazione che dovrebbe scendere al 20,9% nel 2017 e al 20,6% nel 2018, ma il miglioramento si basa per lo più su contratti di lavoro precari e stagionali. Sono queste alcune delle previsioni contenute nel rapporto II/2017 “Congiuntura Res – Analisi e previsioni”, realizzato dalla Fondazione RES e presentato oggi a Palermo.

Le previsioni di crescita dell’economia regionale sono spiegate dal basso livello di partenza e da condizioni strutturali più deboli rispetto al resto del Paese. A sostenere questo aumento è stata inizialmente la domanda delle famiglie (+1,7%), ma sull’onda di un clima più positivo saranno soprattutto gli investimenti produttivi a registrare le dinamiche più vivaci, consolidando la necessaria ristrutturazione e l’ammodernamento del sistema produttivo. «Le più recenti evidenze Istat relative al 2015 – spiega Adam Asmundo, responsabile dell’Osservatorio congiunturale della Fondazione RES e autore del rapporto - certificano l’inversione di tendenza del ciclo economico regionale, più volte anticipata dal modello di previsione della Fondazione RES. La crescita è sostenuta soprattutto dalla domanda interna, in un positivo clima di fiducia che alimenta i consumi delle famiglie, la produzione e gli investimenti produttivi, nonostante le crescenti disparità nella distribuzione del reddito e della ricchezza. I dati su forze di lavoro e occupati segnalano un positivo aumento della manodopera utilizzata in agricoltura e nei servizi, a fronte dell’affacciarsi sul mercato del lavoro di persone precedentemente non occupate, un indicatore di fiducia non trascurabile, soprattutto fra i giovani».
In termini di reddito, le condizioni delle famiglie siciliane sono le peggiori a livello nazionale: oltre la metà vive con meno di 18 mila euro, a fronte di un reddito medio familiare regionale di 21.800 mila euro. La media nazionale è di circa 30 mila euro, con punte tra i 34 e 37 mila euro nelle regioni più ricche. Di difficile valutazione rimane, comunque, l’entità dei redditi distribuiti al di fuori del circuito formale, fenomeno che fornisce una parziale spiegazione della tenuta della domanda aggregata, anche in periodi critici.
Per quanto riguarda il numero delle imprese, la flessione iniziata nel 2007-2008 sembra ormai essersi arrestata. Le variazioni nel periodo 2007-2016 rimangono negative (-7,7%,), ma i dati evidenziano importanti cambiamenti strutturali. Rispetto al 2007-2008, il settore primario ha registrato, fra agricoltura e pesca, un evidente processo di razionalizzazione e concentrazione della base produttiva (circa 28 mila imprese in meno), mentre nel settore manifatturiero (da 37.700 a circa 27.500 mila imprese attive, -27,0%) i dati confermano un processo di deindustrializzazione della regione che probabilmente si è ormai concluso.
L’andamento del mercato immobiliare e della rendita urbana si riflette nella crisi del terziario tradizionale e accompagna nuove tendenze. Alla crisi del commercio e della distribuzione al dettaglio si associa, infatti, un maggiore sviluppo della grande distribuzione e dei marchi multinazionali, presenti con sempre maggiore evidenza nei principali centri urbani, e lo sviluppo di un’offerta sempre più diffusa e articolata nel comparto food & drink, rivolta prevalentemente ai residenti, e di alloggi (bed & breakfast) a destinazione turistica.
Dopo un 2016 che aveva segnato per il quarto anno consecutivo un complessivo rallentamento degli scambi diretti con l’estero adesso import ed export sembrano più vivaci: le importazioni dirette sono in aumento del 62,7%, a fronte di un meno rapido incremento delle esportazioni (+37,6%), che nel primo trimestre 2017 sono salite in totale da 1.677 a 2.307 milioni di euro, recuperando in parte i livelli del biennio 2012-2013.

A partire dalla seconda metà del 2016 l’andamento dei crediti bancari ha registrato un’inversione di tendenza, con un progressivo recupero nel finanziamento alle famiglie (+2,7%), al quale si è contrapposto un calo dei prestiti al settore produttivo. A trainare sono stati il credito al consumo e la domanda di mutui per l’acquisto di abitazioni.
Per quanto riguarda la disoccupazione le stime relative al periodo 2017-18 indicano un progressivo miglioramento del mercato del lavoro, con un tasso di disoccupazione che potrebbe scendere al 20,9% a fine 2017 e poi al 20,6% nel 2018, in concomitanza con il superamento della crisi e con l’avvio della domanda e dell’attività di investimento. Nei primi quattro mesi del 2017 le assunzioni sono cresciute in complesso di circa 4.600 unità (+4,4%), per effetto dei sensibili incrementi dei contratti a termine (+11,1%) e stagionali (+12,8%). Il calo delle nuove assunzioni a tempo indeterminato è stato quasi doppio in Sicilia (-7,7%) rispetto alla media nazionale (-4,4%) e risente probabilmente del progressivo venir meno dei meccanismi di decontribuzione che avevano favorito le assunzioni nel biennio precedente. I disoccupati sono saliti oggi a 383 mila (media 2016), rispetto ai 221 mila del 2007, e appaiono in progressivo aumento, soprattutto nella componente degli ex-occupati e in quella delle persone senza precedenti esperienze lavorative. Molti i giovani in precedenza inattivi che si affacciano sul mercato alla ricerca di un lavoro. L'intervista con Adam Asmundo, responsabile dell'Osservatorio Congiunturale della Fondazione Res e autore del rapporto.

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