(di Luciano Fioramonti) (ANSA) - ROMA, 28 AGO - Da espressione di potere, status e bellezza a chiave per entrare nella sfera più profonda del soggetto per tentare di carpirne i segreti più intimi. Fino alla fine dell' Ottocento il ritratto in pittura ha rappresentato il simbolo della potenza, del valore e del fascino dell' uomo o la donna da celebrare. La rapida diffusione della fotografia dall' inizio del Secolo Breve ha cambiato le carte in tavola. La tela non poteva più limitarsi a descrivere quanto l' obiettivo rendeva in maniera potente e realistica anche nel minimo dettaglio. Bisognava andare oltre, cercare nuove strade e anche grazie alla psicologia e alla psicanalisi gli artisti hanno cominciato a misurarsi con approcci nuovi per raccontare in modo diverso il carattere della persona ritratta. Suggerisce questa lettura la mostra 'Volti', prodotta da ArchiViVital, che fino al 12 novembre apre la porta sul genere molto particolare attraverso 60 opere di artisti italiani dal Novecento a oggi suddivise in due sedi espositive su sponde opposte del Lago di Como, lo Spazio Circolo a Bellano (Lecco) e Villa del Balbianello Tremezzina (Como).
Luca Beatrice, il curatore, si è mosso seguendo l' idea dell' artista di Bellano Velasco Vitali di celebrare appunto la pittura di ritratto tra '900 e contemporaneità, tra committenza e libera interpretazione. La scelta dei dipinti dal 1910 a oggi, provenienti da collezioni private, punta a testimoniare la storia e l' evoluzione del ritratto riflettendo sulla sua importanza storica e attuale. Sotto gli occhi dei visitatori scorre quindi il risultato dell' indagine sullo sguardo, i tratti somatici, le atmosfere, gli atteggiamenti e la complessità interiore dei caratteri umani svolta da quattro generazioni di artisti italiani. Tra gli autori, nell' impossibilità di citarli tutti, spiccano Cagnaccio di San Pietro, Felice Casorati, Alberto Savinio, Mario Sironi, Evangelina Alciati (la prima donna a frequentare l' Accademia Albertina di Torino), Ferruccio Ferrazzi, Achille Funi, Carlo Levi, Lalla Romano, Enrico Baj, Giosetta Fioroni, Giovanni Testori, Mario Ceroli, Mario Merz, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Luigi Ontani, Sandro Chia, Enzo Cucchi, Mimmo Paladino, Vanessa Beecroft. La scelta delle due sedi risponde anche a un taglio diverso del racconto. Lo Spazio Circolo è allestito come una quadreria, una grande stanza dove i ritratti sembrano presenze in stretto dialogo con il visitatore. A Villa del Balbianello, bene del Fai per la prima volta utilizzato come spazio espositivo, grazie all'allestimento di Velasco Vitali i dipinti si inseriscono tra gli arredi storici negli ambienti adiacenti alla Loggia, la Biblioteca e la Sala del Cartografo, e nel Salotto e Camera da letto della madre dell' alpinista Guido Monzino (ultimo proprietario della Villa), integrati con l'attuale collezione di stampe e di libri. Nel corso della storia dell'arte, spiega Luca Beatrice, il genere del ritratto ha ricoperto funzioni sociali, politiche e culturali mostrando il potere, la bellezza, l'importanza, la ricchezza e persino idealizzando l'uomo comune. ''Con l'avvento della fotografia, divenuta in brevissimo tempo il mezzo più utilizzato per la ritrattistica, il XX secolo segna una svolta fondamentale. Gli artisti cominciano a esplorare nuovi approcci; molti cercano di raccontare il carattere e la sfera emotiva dei soggetti, altri di esprimere il rapporto tra pittore e modello. L'interesse sempre più forte per la psicologia, unito al desiderio di rompere con la tradizione del passato, porta questi artisti a compiere innovazioni formali che cambieranno per sempre il modo di rappresentare le persone". Per Velasco Vitali gli oltre sessanta dipinti, raccontano un ritaglio d'occidente autentico, di un'area del mondo limitata, l'Italia, dove qualcuno è stato a sua volta regista di un tempo che è fuggito e ha prestato attenzione a un volto che l'ha guardato. ''Se è vero che da questo tipo d'indagine è derivata l'insaziabile voglia di vedersi da fuori, di guardare le nostre sembianze da un punto di vista nuovo che non sia il nostro, è altrettanto vero che il nostro desiderio è stato quello di popolare il nostro mondo di icone, che ci somigliassero e nelle quali poterci riconoscere".
(ANSA).