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A Selinunte le 'macchine' per costruire i templi

(ANSA) - PALERMO, 05 LUG - Tutto parte da Vitruvio e dal suo De Architectura: l'unico grande trattato - scritto alla fine del I a.C. giunto fino noi pressoché integro - che spieghi stili, decorazioni, sistemi di costruzione di basiliche, terme, teatri.
    Ma quali erano le reali tecniche di costruzione dei templi, quali le macchine impiegate per spostare gli enormi blocchi di pietra, quanti gli operai coinvolti e quanto a lungo durava una costruzione? La mostra "Ars aedificandi. Il cantiere nel mondo classico" - prodotta e organizzata da MondoMostre in collaborazione con il Parco archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria, diretto da Felice Crescente, promossa dall'assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana, inaugurata ieri, sarà visitabile per oltre un anno. Forte di un comitato scientifico di grande rilievo, la mostra è curata dagli architetti Alessandro Carlino, storico dell'architettura che da anni studia i templi dorici siciliani, e Bernardo Agrò, già direttore del Parco.
    "La mostra di Selinunte - sottolinea l'assessore dei Beni culturali e dell'Identità siciliana, Alberto Samonà - ci fa comprendere, con il supporto di ricostruzioni fedeli di macchinari, come sono sorti i grandi templi, avvicinando i visitatori e soprattutto i giovani alla scoperta e alla comprensione delle tecniche e dei procedimenti costruttivi del passato".
    "Una mostra dall'alto valore didattico che speriamo possa essere visitata da tante scuole - dice il direttore del Parco, Felice Crescente - modo per scoprire come nacquero i templi ma soprattutto l'enorme lavoro di chi ci lavorò".
    Il cantiere nel mondo classico è dunque un passo avanti e nello stesso tempo un salto all'indietro rispetto al precedente capitolo alla Valle dei Templi: oggi si va veramente al cuore del processo costruttivo, là dove venivano estratti i materiali da costruzione con cui saranno realizzati i templi, a quelle Cave di Cusa (dal nome del barone, antico proprietario dell'area) attive sin dal VI secolo avanti Cristo, abbandonate in fretta e furia quando fu avvistato l'esercito di Annibale. "I cantieri del mondo antico erano delle vere e proprie piccole città prolifiche formate da maestranze specializzate - spiega il curatore Alessandro Carlino - e noi abbiamo ricostruito il percorso dei cosiddetti "rocchi" dalle cave, a 11 chilometri da Selinunte, fino al Parco archeologico, dove sono posizionate le macchine in scala 1:1".
    Il percorso della mostra parte da Cave di Cusa da dove vennero estratti i materiali per la costruzione dei templi selinuntini: le cave sono un vero manuale dei sistemi di scavo, la brusca interruzione dei lavori di estrazione - al sopraggiungere dell'esercito cartaginese - ha fatto sì che venissero abbandonati persino i rocchi finiti, pronti per essere trasportati. Accanto agli enormi blocchi del Tempio G, è stata posizionata la riproduzione della "slitta" che serviva al trasporto, scivolava su rulli di legno e veniva trasportata dai buoi; vicino, ecco la Macchina di Chersifrone (usata per il trasporto dei rocchi più imponenti tramite rotolamento, intelaiato con travi di legno connesse all'asse di rotazione del tamburo) e della Macchina di Metagene (dal nome del figlio di Chersifrone) utilizzata invece per il trasporto degli architravi: una ruota lignea dentro la quale inserire i blocchi che potevano così rotolare trainati da animali da soma dalla cava fino alla fabbrica. Le descrizioni vitruviane sono un vero tesoro: Ars Edificandi nasce interamente dalle descrizioni puntigliose del trattato De Architectura: lo spostamento dei blocchi, una volta cavati, avveniva tramite carri e macchine che li trasportavano fino all'attuale parco archeologico. Le macchine e i reperti della mostra permettono di avanzare ipotesi accreditate e scientifiche, sui metodi di costruzione dei templi, utilizzati in tutto il Mediterraneo. (ANSA).
   

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