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World Press Photo, voci da ascoltare, storie da condividere

Un aborigeno australiano che tiene in mano delle sterpaglie in fiamme, impegnato a usare il fuoco per "ringiovanire" la terra ed evitare il verificarsi di incendi più grandi e distruttivi nei mesi più caldi e secchi dell'anno. La desolazione negli occhi di una mamma e di alcuni bambini abitanti nella foresta amazzonica brasiliana, ormai devastata da deforestazione, estrazione mineraria e incendi. E poi i vestiti rossi appesi a delle croci lungo una strada in Canada, in ricordo dei bambini morti presso la Kamloops Indian Residential School, istituzione creata per assimilare i bambini indigeni, in un ultimo, doloroso ma salvifico tentativo di fare i conti con il passato e raccontare la verità. Hanno tutte una voce da ascoltare e una storia da condividere le 122 fotografie finaliste del World Press Photo 2022, presentate in anteprima nazionale al Palazzo delle Esposizioni di Roma dal 28 aprile al 12 giugno. Nella mostra, ideata dalla World Press Photo Foundation di Amsterdam, promossa da Roma Culture e organizzata dall'Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con 10b Photography, anche gli scatti dei 4 vincitori globali (annunciati lo scorso 7 aprile) di questa 65a edizione del concorso di fotogiornalismo: Amber Bracken, fotografa canadese per il New York Times, vincitrice del World Press Photo of the Year con "Kamloops Indian Residential School", realizzata dopo il rilevamento di 215 presunte tombe non contrassegnate che potrebbero appartenere ai bambini che frequentarono la scuola, a Kamloops, in British Columbia; Matthew Abbott vincitore del World Press Photo Story of the Year con la sua storia "Saving Forests with Fire", un lavoro realizzato per National Geographic/Panos Pictures, che racconta di come gli aborigeni australiani brucino strategicamente la terra in una pratica nota come combustione a freddo; Lalo de Almeida, Brasile, che ha vinto il World Press Photo Long-Term Project Award con "Amazonian Dystopia", per Folha de São Paulo/Panos Pictures, documentando le gravi condizioni della foresta pluviale amazzonica; Isadora Romero, dall'Ecuador, vincitrice nella nuova categoria World Press Photo Open Format Award, con il progetto video "Blood is a Seed", in cui mette in discussione la scomparsa dei semi, la migrazione forzata, la colonizzazione e la conseguente perdita di conoscenze ancestrali. I vincitori sono stati individuati da giurie globali e regionali, formate da esperti internazionali, che hanno esaminato i lavori di 64.823 foto e progetti, inviati da 4.066 fotografi provenienti da 130 paesi. Un riconoscimento è arrivato anche per l'Italia, con la menzione d'onore conferita Viviana Peretti, fotografa italiana freelance con base a Bogotà, per A portrait of Absence, un progetto durato nove anni passati a fotografare e indagare sul crimine di sparizione forzata in Colombia. Anche in questa edizione, la porzione di verità venuta alla ribalta grazie ai fotografi che con i loro obiettivi hanno documentato la realtà, spesso anche correndo dei rischi personali, ha un grande impatto emotivo. Chi visita la mostra è spinto al confronto con tematiche complesse e urgenti, più o meno lontane da noi, alcune trasversali alle varie regioni del mondo, altre invece profondamente radicate nel contesto in cui le foto sono state scattate. Dalle questioni ambientali alla violenza, dalle migrazioni agli stereotipi, dai comportamenti collettivi ai gesti dei singoli, dal mondo globalizzato alle piccole comunità, dal percorso emerge un quadro sfaccettato in cui la complessità contemporanea viene svelata attraverso i diversi punti di vista e le estetiche dei vari fotoreporter. Prima di iniziare il tour mondiale, la mostra "World Press Photo 2022" è stata presentata il 15 aprile al De Nieuwe Kerk di Amsterdam

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