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Piatti e Madonne, Palazzo Venezia racconterà il "fare" italiano

Appassionato d'arte e d'architettura, il veneziano Pietro Barbo amava circondarsi di cose belle. E quando nel 1464 da cardinale diventò papa, prendendo il nome di Paolo II, riempì da subito le maestose sale della sua residenza romana, quello che oggi si chiama Palazzo Venezia, con le tante meraviglie della sua già imponente collezione. Stanze regali per dimensioni e per decori, con un diluvio di marmi, stucchi dorati, cassettoni dipinti, che all'epoca dialogavano proprio con le tante opere d'arte. Immaginò persino, Paolo II, di trasferire qui la statua equestre di Marco Aurelio.

Rimasti spogli dal 1982, quando tele, sculture e oggetti finirono nei depositi, questi ambienti straordinari torneranno nei prossimi mesi a popolarsi di arte con un allestimento che la direttrice Edith Gabrielli ha immaginato insieme all'architetto Michele De Lucchi. "Un luogo del fare italiano", spiega Gabrielli, dal 2020 alla guida del complesso museale Vittoriano-Palazzo Venezia, un modo, insomma, per riportare l'arte nelle stanze che furono del cardinale diventato papa, e nello stesso tempo accendere una luce sull'artigiano artistico italiano, quello che si può godere nella grazia di una Madonna quattrocentesca in terracotta ma pure in un tessuto prezioso, un vaso di ceramica, una sculturina in bronzo, un'armatura. Ed è qui che entra in campo la competenza di De Lucchi, firma italiana del design da mesi impegnato, con l'aiuto di una squadra di giovani ricercatori e studiosi, a "scegliere" nel mare magnum delle opere conservate nei depositi del Palazzo, per farle riscoprire al pubblico: "Quello che voglio mettere in evidenza è proprio la seduzione degli oggetti, la connessione tra competenze e talento, l'artigianato italiano che tutto il mondo ci invidia", si accalora l'architetto. Per Franceschini, che a Palazzo Venezia dedicò una delle sue prime visite da ministro, un progetto che è anche una storia di riscatto: "Gli splendidi pavimenti in marmo che vedete - rivela - erano coperti dalla moquette. Ne chiesi il motivo e scoprii che era stato fatto per nascondere i fasci littori lasciati da Mussolini. L'idea di lavorare per favorire una riscoperta di Palazzo Venezia nacque da lì". Scandito in tre tappe, con una fine lavori fissata entro il 2023, il riallestimento delle sale al piano nobile è comunque solo un primo passo nel rilancio di Palazzo Venezia, avviato nel 2020, quando il complesso è diventato un istituto autonomo con un investimento di 3,5 milioni di euro ai quali si aggiungeranno altri 2 milioni dai fondi del Pnrr . "In un anno è stato fatto tanto", elenca orgogliosa la direttrice, "con 395 mila visitatori tra cui 40 mila visite guidate solo in questo mese di aprile siamo diventati uno dei luoghi più visitati".

 

 

 

Il ministro della Cultura Dario Franceschini con l'architetto De Lucchi e la direttrice Gabrielli nei depositi di Palazzo Venezia

 Nel futuro, anticipa all'ANSA, "quando le condizioni sanitarie lo permetteranno" si potranno visitare anche i sotterranei e rifugi che sono sotto il palazzo, compreso il cosiddetto 'bunker di Mussolini". Liberato già da tempo il bellissimo cortile, una volta usato come parcheggio, ritornano anche quest'anno gli incontri culturali con 4 cicli di conferenze. Mentre si è investito sulla ricerca scientifica ingaggiando una squadra di ricercatori under 35 già al lavoro con la supervisione di professori universitari, si organizzano visite guidate nei depositi anche nella Biblioteca di archeologia, che entro il 2025 dovrebbe essere trasferita a Palazzo San Felice liberando ulteriori spazi. Un lavoro in progress al quale si dovrebbe aggiungere il collegamento tra i due monumentali palazzi grazie alla fermata della metro che si attende per piazza Venezia. Difficile capire quando: "Non dipende da me, non è nelle mie competenze", risponde Franceschini, "di certo Piazza Venezia non potrà rimanere a lungo una aiuola spartitraffico". Tra vetrine ricolme di ceramiche di ogni colore, bronzi, formelle, terracotte e dipinti, la visita ai depositi, intanto, è puro stordimento. De Lucchi racconta l'emozione di questi mesi di studio, indica le vetrine affastellate: "Luce, controbase, contesto. Con la giusta tecnica ognuno di questi oggetti, da solo, può raccontare un mondo".

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