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Picasso e la ceramica, il racconto di un sfida

FAENZA - Un piatto ovale raffigurante la Colomba della Pace, simbolo universale contro ogni guerra. Pablo Picasso lo inviò nel 1950 al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza per una mostra che la struttura espositiva intendeva organizzare anche con lo scopo di favorire la ricostruzione delle sue Collezioni d'arte ceramica moderna distrutte nel pesante bombardamento alleato del maggio 1944. Il grande artista spagnolo, dedicando espressamente l' opera a quella circostanza tragica, rispose così a Gaetano Ballardini, fondatore e direttore del Museo, che gli aveva scritto una lettera commovente per convincerlo a lasciarsi coinvolgere.
    Seguirono altri piatti nel 1951 con teste di fauno e vasi con richiami arcaici e archeologici e il grande vaso "Le quattro stagioni", graffito e dipinto, con la raffigurazione pittorica e morfologica di quattro figure femminili dalle forme sinuose, assecondate dalla curvatura del vaso. Settanta anni dopo il Museo di Faenza ricorda il gesto del genio di Malaga e la collaborazione che ne seguì nella grande mostra "Picasso, la sfida della ceramica", dal 1 novembre al 13 aprile 2020. I curatori Harald Theil e Salvator Haro, con la collaborazione di Claudia Casali, hanno selezionato i 50 pezzi unici provenienti dalle collezioni del Musée National Picasso di Parigi che raccontano il percorso del maestro nel creare capolavori d'arte modellando l' argilla.
    L' esposizione presenta opere di valore inestimabile che offrono l' occasione di analizzare come l' artista seppe trarre ispirazione dalle fonti del mondo antico, a partire dai manufatti presenti nelle collezioni del Mic. I lavori di Picasso "dialogano" così con la ceramica classica (con le figure nere e rosse), i buccheri etruschi, la ceramica popolare spagnola e italiana, il graffito italiano quattrocentesco, l'iconografia dell'area mediterranea fatta di pesci, animali fantastici, gufi e uccelli, e le terrecotte delle culture preispaniche. Una sezione speciale è dedicata al rapporto tra Picasso e Faenza, che possiede diversi suoi pezzi grazie a Tullio Mazzotti di Albisola, Gio Ponti e ai coniugi Ramié, che furono invitati a richiedergli alcune opere appunto per l' esposizione del 1950.
    Corredano la mostra documenti e fotografie, mai esposti, custoditi dall' archivio storico del MIC, e il video storico 'Picasso a Vallauris' del 1954 di Luciano Emmer.
    Pablo Picasso cominciò a dedicarsi alla ceramica da adolescente, lavorando nel 1906 a Parigi con Paco Durrio. Nel 1928, sotto l' occhio dello scultore Jean van Dongen, decorò due vasi, uno dei quali esposto a Faenza. Fu però solo dopo la Seconda Guerra Mondiale che realizzò un nucleo consistente di opere in ceramica. Nell' estate del 1946 a Vallauris, sulla Costa Azzurra, conobbe a Susanne e Georges Ramié e visitò il loro laboratorio di ceramica di Madoura, concentrandosi seriamente da allora su questa attività. I Ramié gli offrirono, oltre a uno studio i materiali e l' assistenza tecnica, anche la collaborazione del loro migliore ceramista, Jules Agard. Picasso fu talmente assorbito da questo impegno da lasciare da parte le altre produzioni artistiche. In un solo anno creò all' incirca duemila opere. Dal 1955, trasferitosi nei pressi di Cannes, continuò a creare opere nel suo studio spedendole al laboratorio di Madoura per la cottura. Il lavoro della ceramica, che in 25 anni lo portò a produrre all' incirca quattromila pezzi d' arte, lo accompagnò fino al 1971, due anni prima della morte. Picasso, elevando questa arte millenaria a forma di linguaggio dell' Arte Moderna, fu un apripista per molti altri autori che dopo di lui si dedicarono alla terracotta. L' appuntamento di Faenza fa parte del progetto internazionale "Picasso - Mediterraneo", promosso dal Museo Nazionale Picasso dalla primavera 2017 alla fine del 2019 coinvolgendo più di sessanta istituzioni nella organizzazione di mostre nei luoghi che hanno ispirato l' artista sulla sua opera "ostinatamente mediteranea". (ANSA).
   

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