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Jan Fabre e il ritmo del cervello

ROMA - Una realistica massa cerebrale oversize di silicone e fibra di vetro con i suoi labirinti e la rete di connessioni che vibra ininterrottamente dentro una teca di plexiglass. Basterebbe questa opera del 2014, intitolata "Un cervello pieno di empatia?" a dare la misura dell'effetto cercato da Jan Fabre nella ricerca sul rapporto tra arte e scienza che lo impegna da tempo. Al cervello e al suo ritmo è dedicata la mostra, curata da Achille Bonito Oliva e Melania Rossi, che riunisce una trentina di lavori del sessantaduenne artista belga nelle sale di Palazzo Merulana, a Roma, fino al 9 febbraio 2020.

Sculture in bronzo e cera, disegni e film-performance in cui il motore umano della percezione si prende la scena in vari modi: eccolo poggiato sulla testa della scultura-autoritratto dell'artista, o isolato con i remi ai lati (come una barca), con un tamburino (il suono), con un ombrellino piantato al centro (come un gelato), o ancora con un diavoletto seduto sopra. Le opere di Fabre dialogano con i capolavori della pittura italiana della prima metà del Novecento esposti nella struttura della Fondazione Claudio ed Elena Cerasi. La mostra, realizzata in collaborazione con Romaeuropa Festival, segue due filoni: uno riguarda il confronto, appunto, con la preziosa collezione permanente, di cui fa parte "L'uomo che dirige le stelle", grande scultura dorata in bronzo al silicio di Fabre del 2015 che campeggia nella sala grande del Palazzo, l'altro è una selezione di lavori dell'artista legati alla performance realizzata insieme al neuroscienziato italiano Giacomo Rizzolatti, che ha scoperto e studiato i neuroni specchio. Jan Fabre, spiegano i curatori, "ha definito un percorso che sul 'cervello', sede del pensiero ma anche dell'azione, luogo dell'elaborazione e della metamorfosi, riflette e crea: pone domande, attua ribaltamenti, cerca di rendere invisibile l'apparenza delle cose e viceversa.

Il ritmo è il filo conduttore che disegna un ponte tra vita e arte, il suono di quel traffico di impulsi che attraversa instancabilmente il nostro corpo come una sorta di musica". Achille Bonito Oliva, che ha definito Fabre "artista totale", ha ricordato la sua capacità di combinare linguaggi e discipline diverse. "Nella sua opera il cervello è l'astro siderale - ha detto parlando del nervosismo e della ansietà dell'artista -. In questa mostra crea un sistema di coesistenza delle differenze. Un dialogo, non la sovrapposizione". Lo spunto per il confronto con le opere della collezione rimanda - ha detto Melania Rossi - alla risposta di Felice Casorati a chi lo accusava di fare una pittura cerebrale e decorativa: "Sono felice di avere un cervello che funziona. Il cervello è il centro del mondo". Il visionario Fabre, che alterna alle sculture "poetiche" i busti inquietanti dei suoi autoritratti a più volti - "un desiderio deformato visto allo specchio" o un modo per "mascherare le mie maschere" li ha definiti - lancia la sua domanda provocatoria con l'opera del 2013 intitolata 'Sentiamo con il cervello e pensiamo con il cuore?'. "Il ritmo del cervello, per la scienza moderna, è definibile come una musica - osservano i curatori - un canto intonato, e l'artista lo sceglie come base per comporre un'infinita e ubiqua sinfonia che dal suo cervello arriva fino alla luna e oltre".
   

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