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La Calabria spiegata agli italiani

REGGIO CALABRIA - Ci sono libri che si pensano, si sognano, si attendono. Piccoli scrigni di sapienza, guida fidata nei labirinti di ciò che spesso appare misterioso. Questo è "La Calabria spiegata agli italiani" (RUBBETTINO PP 200 EURO 15,00), 200 pagine di amore destinate a una terra "metà inferno e metà paradiso" come scrive l'autore Mimmo Nunnari, giornalista, già vicedirettore della Tgr Rai e conoscitore come pochi di questa regione difficile da capire ai non calabresi, ma tosta anche per i calabresi medesimi, perché esistono molte Calabrie, e non tutte comunicanti fra di loro.
    Non è un libro facile, ma è forse il più bello scritto sull'argomento. Nulla è lasciato al caso in questo tentativo di capire e poi spiegare agli altri. Niente scorciatoie o facile retorica nell'esplorare le viscere di una regione agli ultimi posti in Europa quanto a sviluppo e reddito e proiezione verso il futuro; ai primi, quanto a malavita e degrado, sciatteria mista a rassegnazione e fatalismo. C'è la Calabria della lamentela, fanalino di coda dell'Italia, vittima di sciagurate scelte postunitarie, condannata alla marginalità. C'è la Calabria della 'ndrangheta velenosa che uccide ciò che tocca.
    C'è la Calabria dell'umiltà e della pazienza e dell'umanità calorosa, figlia di una storia contadina e religiosa millenaria.
    Nunnari si rivolge agli 'altri', ai forestieri come si diceva una volta, in realtà parla anzitutto ai calabresi stessi. Lo Stato ha maltrattato questa terra, i poteri economici l'hanno esiliata, la politica locale non l'ha difesa e spesso è stata complice di chi l'ha danneggiata. Ma ciò non basta a spiegare. C'è un retroterra di sfiducia e negatività che resta acquartierato, immutabile. Il terribile senso dell'attesa di qualcuno, chi ?, che faccia qualcosa. Un qualcuno che non si appalesa mai, e il tempo corre. Ancora tanti ragazzi studiano al nord, e ci restano dopo la laurea, menti perse per questa terra, madre e matrigna. Chi cerca il successo quasi mai se la sente di provarci a casa propria. Emigranti dal volto nuovo rispetto a quelli di molti decenni fa, minatori e braccianti che hanno trovato pane altrove, creando ricchezza e benessere ad altri, e la Calabria sempre ad arrancare col suo sottosviluppo. Poco pare cambiato. C'è lo sfacelo di Gioia Tauro, le disgraziate illusioni di un'industria mai nata. Nunnari pennella tratti di storia che si vorrebbe dimenticare, racconta delel raccoglitrici di olive, della difficile vita delle bagnarote, ma conserva la speranza, che affiora nei ritratti di personaggi che sono il lato bello e buono di questo terra, dal lontano Cassiodoro a san Catanoso, al vescovo Bregantini che calabrese lo è diventato. Al futuro serve una riconciliazione della Calabria con lo Stato, ma anche con sè stessa. Occorre una mentalità aperta e nuova, disponibile al cambiamento, per riavvicinare nord e sud, sul piano economico e culturale. Per non sentirsi ed essere sempre e ancora l'ultima della classe. Più difficile è dire oggi chi potrà guidare questo processo in Calabria, ma spetta sicuramente allo Stato di compiere il primo passo.
   

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