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Con 100 opere torna il Contemporaneo al Palatino

ROMA - Oltre 100 opere tra grandi installazioni, sculture, dipinti, fotografie e opere su carta, realizzate da famosi artisti italiani e stranieri portano anche quest'anno il segno contemporaneo tra le rovine archeologiche del Palatino nell'attesa mostra allestita da domani al 29 ottobre tra lo Stadio, il peristilio inferiore della Domus Augustana, le terrazze e le Arcate Severiane. Lavori, tra gli altri, di Marina Abramovic, Gino De Dominicis, Marcel Duchamp, Gilbert & George, Michelangelo Pistoletto, Mario Schifano, Mario Airò, Maurizio Cattelan, Vedovamazzei, che, oltre a mettere a confronto generazioni diverse, riescono a rifondare un rapporto vivo e vitale tra il sito capitolino, la città e il suo pubblico.

Intitolata 'Da Duchamp a Cattelan. Arte contemporanea sul Palatino', l'importante iniziativa è stata promossa dalla Soprintendenza Speciale di Roma ed Electa, in collaborazione con l'Associazione Alt. Arte Lavoro Territorio. A idearla e curarla, il soprintendente Francesco Prosperetti e il critico Alberto Fiz, che hanno selezionato le opere tra le mille custodite appunto nel museo 'Alt', fondato dall'architetto Tullio Leggeri, uno dei maggiori collezionisti italiani, impegnato fin dai primi anni '60 a sostenere lo sviluppo creativo di generazioni di artisti. E se il gesto contemporaneo diviene il mezzo indispensabile per conferire una nuova vitalità alle antiche vestigia, esse stesse, in questi mesi di gestazione della mostra, sono divenute quinte monumentali cariche di suggestione, in grado di ispirare numerosi artisti che hanno scelto di creare i loro lavori appositamente per il Palatino. Tra questi figurano opere come la lupa smunta che non riesce ad allattare di Ugo La Pietra o il tempio greco-romano di Gianni Pettena. '' Il contemporaneo non vive in modo statico la storia'', sottolinea Alberto Fiz, con il risultato che in diversi casi le soluzioni proposte dagli artisti trasudano ironia.

''Si tratta di interventi problematici - prosegue il curatore - e non di plagio di antichità, idea per me necrofila. In ogni installazione allestita, c'è invece un elemento di nuova analisi''. Attraverso il percorso che abbraccia gran parte del sito, la mostra si articola nelle sue tematiche essenziali: le Installazioni architettoniche in situ, efficace accostamento tra archeologia e arte contemporanea; le Mani, disegnate, fotografate, dipinte, scolpite, simbolo comunicativo e forza creatrice; i Ritratti, traccia identitaria per eccellenza e genere artistico dove gli antichi romani hanno primeggiato. Ecco dunque 'After Love' di Vedovamazzei, una villetta suburbana, ma tutta sbilenca, come quella di 'One Week' (1920), film di Buster Keaton, caratterizzato da un'amara quanto esilarante parodia dello stereotipo della provincia felice. O 'Con Gli occhi di Segantini' di Luca Vitone, che rende omaggio al grande maestro divisionista mettendo a punto la piccola costruzione in legno a pianta circolare da lui pensata per l'Esposizione universale di Parigi del 1900, al fine di ospitare degnamente il 'Trittico delle Alpi'. 'Mambo a Marienbad' di Marina Abramovic, è invece un rimando alla dimensione soggettiva della memoria ispirato al celebre film di Alain Resnais, mentre 'Untitled' di Maurizio Cattelan è una sorta di specchio-zerbino, collocato nel tunnel che collega lo Stadio con l'Ovale di Teodorico, zona di passaggio obbligato. L'opera più storica è infine quella di Marcel Duchamp, presente al Palatino con la serie dei 'Rotoreliefs', i cartoncini serigrafati a cui il genio del Dadaismo lavorò fin dagli anni '20 anticipando l'Optical art. 

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