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Sempre meno prati 'stabili', ne abbiamo perso il 25%

(ANSA) - TORINO, 18 SET - Sempre meno prati 'stabili', quelli da molto tempo destinati al pascolo, in Italia come in tutta Europa. Nel nostro Paese negli ultimi quarant'anni se ne è perso un quarto, ora ne sono rimasti 32 mila chilometri quadrati.

Colpa del consumo del suolo e dell'agricoltura di tipo industriale nelle pianure, dell'abbandono in montagna. Eppure i prati naturali sono fondamentali per la biodiversità animale e vegetale, per il benessere degli animali e per avere latte da formaggi sani e ricchi di nutrienti. Il tema è stato affrontato oggi a 'Cheese', la rassegna internazionale sulle 'forme del latte' che si tiene fino a lunedì a Bra "Il Piemonte - ha fatto notare Giampiero Lombardi, docente di alpicoltura, all'Università di Torino - ospita il 30% dei prati del nord Italia, anche grazie a un ritorno alla praticoltura negli ultimi anni. Altrove la situazione è meno positiva: è ancora recuperabile, ma ci sono campanelli d'allarme importanti".

La caratteristica principale di questi prati - ha spiegato Irene Piccini, ricercatrice presso il Dipartimento di scienze della vita e biologia dei sistemi all'Università di Torino - "è che richiamano moltissimi insetti, fondamentali per l'impollinazione, che a loro volta attirano altri animali, come ad esempio gli uccelli e tutti gli altri predatori".

In media - ha sottolineato Giampaolo Gaiarin, tecnologo alimentare e collaboratore della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus - "una vacca alimentata con insilati di mais riesce a sostenere un parto e mezzo, contro i sette, otto, anche dieci, di un animale delle vallate alpine, perché l'alimentazione ha un influsso notevole sullo stato di salute degli animali. E poi - ha concluso Gaiarin - c'è la questione della maggiore complessità aromatica e gustativa e l'aspetto legato alla salubrità: i formaggi alimentati al prato hanno un minore contenuto di grassi saturi, mentre aumentano gli Omega 3". (ANSA).

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