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Vino: Imt per banca dati bio Italia, Marche siano apripista

(ANSA) - ANCONA, 14 APR - Marche siano apripista per il monitoraggio delle produzioni di vite bio in Italia dove non c'è una banca dati di settore. La proposta è lanciata da Alberto Mazzoni, direttore dell'Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) e rappresentante dei consorzi italiani al Comitato vini presso il Mipaaf. "Il vigneto biologico italiano, merita maggior attenzione di quanto non ne abbia oggi. - spiega - Rappresentiamo 1/4 degli ettari vitati bio nel mondo con un'estensione che nell'ultimo decennio è aumentata di oltre il 100%, ma ancora non abbiamo una banca dati sul settore per osservare il fenomeno a partire dai suoi fondamentali, legati a produzione, confezionamento e vendita".

"Le Marche, tra le regioni più bio in Europa in rapporto alla superficie vitata, - osserva Mazzoni -, hanno da poco siglato il Patto per il distretto biologico unico che, grazie alla partecipazione della Regione e delle sigle del comparto, diventerà la più grande area europea attenta allo sviluppo di una pratica sostenibile e alla salute dei consumatori".

"Ad oggi - lamenta il presidente dell'Imt Mazzoni - i consorzi italiani non sono in grado di monitorare il trend di un modello produttivo sempre più strategico, né di assecondarne l'evoluzione attraverso maggiori punteggi nei bandi europei, nazionali e regionali". Quanto alle Marche del vino, "hanno una fortissima identità green e occupano la terza posizione tra le regioni a maggior concentrazione bio in vigna (34% sul totale vigneto), dietro a Calabria e Basilicata".

Mazzoni assicura all'assessore regionale all'Agricoltura, Mirco Carloni, vice presidente della Regione, "piena adesione al progetto" di distretto biologico unico e chiede di fare da "apripista in Italia anche in chiave di monitoraggio con una banca dati del vino biologico, la cui domanda è in fortissima ascesa in Nord Europa, negli Stati Uniti e in altri mercati strategici delle nostre produzioni, a partire dal Verdicchio".

Secondo l'analisi del maxi-consorzio marchigiano che tutela 16 dop regionali (652 soci), attualmente "su 100 produttori di uve bio appena una decina lo confezionano come biologico. Una sperequazione - prosegue Mazzoni - che svilisce il lavoro fatto nei campi e azzera un potenziale valore aggiunto di prodotti di alta qualità in grado di fare mercato". (ANSA).

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