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Brexit: Londra sfida la Ue su allineamento e pesca

LONDRA - Londra rifiuta l'allineamento "ad alcuna legge" Ue dopo la fine della transizione post Brexit, incluso su "tasse e immigrazione", e sulla pesca intende gestire le sue acque come "uno Stato sovrano". Lo ha detto il ministro Michael Gove, illustrando ai Comuni le linee guida del governo Johnson sul negoziato sulle relazioni future con Bruxelles. Gove ha citato le relazioni Ue-Canada come modello valido anche per il Regno, in contrasto con Michel Barnier, mentre ha ribadito che la transizione finirà comunque a fine 2020, accordo o meno.

"Noi non accetteremo alcun obbligo sull'allineamento delle nostre leggi a quelle dell'Ue o a istituzioni europee come la Corte di Giustizia, che non avrà più alcuna giurisdizione nel Regno Unito" dopo la transizione, ha dichiarato Gove con accenti tranchant, respingendo seccamente l'approccio su alcuni punti chiave del negoziato rimarcati in questi giorni a nome dei 27 da Barnier, capo negoziatore Ue. Illustrando i dettagli delle linee guide negoziali del governo Tory, pubblicate stamane, Gove ha poi evocato "un accordo totalmente separato sulla pesca". Mentre ha assicurato standard elevati su materie come ambiente e diritto del lavoro a tutela di una concorrenza leale con Bruxelles, ma ha escluso che essi possano essere dettati in futuro dalle norme comunitarie, rivendicando come su alcuni punti la legislazione britannica sia già più avanzata di quella europea. Contestato nel dibattito dai laburisti e dal resto delle opposizioni, il ministro ha inoltre insistito sulla necessità di "emulare il tipo di relazioni che l'Ue ha già con altri Stati sovrani" come Canada, Giappone e Corea del Sud, per rendere più spedite le prospettive di una intesa entro fine anno. Quanto alla posizione Ue, secondo cui la Gran Bretagna "è un caso unico" non paragonabile a Paesi come il Canada, data la sua vicinanza geografica e interdipendenza con i 27, il ministro ha replicato che "la vicinanza geografica non è un fattore decisivo in un trattato di libero scambio". " che "la geografia non è una ragione per minare la democrazia". Dunque, "nessun allineamento dinamico con le regole Ue", ha martellato, negando peraltro che questo atteggiamento rappresenti una contraddizione rispetto agli impegni già firmati da Londra nella dichiarazione politica sulle relazioni future allegata all'accordo di divorzio. Duro pure il tono sulle intese su sicurezza, difesa e lotta al terrorismo e alla criminalità: che Gove ha detto di auspicare con i 27, ma senza mettere in discussione il ritorno al pieno controllo dei confini nazionali cui il Regno aspira e che ritiene ancor più importante per la tutela dei cittadini.

Gb pronta a rottura con l'Ue anche a giugno
Il governo britannico di Boris Johnson è pronto ad abbandonare il negoziato sulle relazione future post Brexit con l'Ue anche a giugno, se entro allora non emergeranno prospettive di un accordo condiviso. Lo ha detto ai Comuni il ministro Michael Gove, rimarcando che la transizione finirà il 31 dicembre, senza proroghe. Gove ha usato toni duri: dicendosi "ottimista" su una possibile intesa commerciale "a zero dazi", ma insistendo anche che la sovranità britannica e i diritti dei suoi cittadini "vengono prima" per il governo.

Onu, senza accordo Gb rischia -14% esportazioni
Il Regno Unito rischia di perdere oltre il 14% delle sue esportazioni verso l'Unione Europea in mancanza di un accordo commerciale post Brexit. Lo rileva uno studio della Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo. Il rapporto sottolinea come senza accordo tra Gb e Ue l'export potrebbe diminuire di circa 32 miliardi di dollari a causa dei dazi e delle misure non tariffarie, come le norme tecniche o sanitarie, che incidono pesantemente sul commercio internazionale. Il rapporto stima dunque, in caso di mancato accordo commerciale, perdite potenziali tra 11,4 e 16 miliardi di dollari di esportazioni correnti che verrebbero raddoppiate a causa delle misure non tariffarie. Lo studio prevede inoltre che, anche se le parti firmassero un accordo di libero scambio "standard", le esportazioni del Regno Unito potrebbero comunque diminuire del 9%. Il mercato Ue rappresenta infatti il 46% dell'export del Regno Unito, quindi un 'no deal' post Brexit infliggerebbe un duro colpo all'economia britannica. Non ultimo, secondo lo studio Onu, l'aumento dei costi commerciali dovuti a misure non tariffarie e a potenziali aumenti di dazi raddoppierebbe gli effetti economici negativi della Brexit per il Regno Unito, l'UE e i Paesi in via di sviluppo. Infatti, se da un lato le nuove barriere commerciali tra il Regno Unito e l'UE potrebbero andare a beneficio dei fornitori di Paesi terzi, l' effetto positivo su questi ultimi potrebbe essere attenuato dall'aumento delle differenze normative con una crescita dei costi commerciali che andrebbero a colpire in modo sproporzionato i Paesi più piccoli e più poveri.

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