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Olio, le quattro mosse per rilanciare un settore da 3 miliardi

ROMA - Più quantità e qualità e maggiori investimenti in ricerca e poi spingere sull'aggregazione di filiera e sulla cooperazione nel Mediterraneo. Passa da queste quattro azioni il rilancio dell'olivicoltura italiana, presentate da Cia-Agricoltori Italiani al suo primo Forum Olivicolo Nazionale a Lamezia Terme. Un evento con istituzioni, tecnici, scienziati per "rendere il settore più competitivo e connesso al territorio e al mercato".

In Italia l'ulivo è coltivato su quasi 1,2 milioni di ettari, conta 825mila aziende e 5mila frantoi; il tutto con un valore della produzione agricola di 1,3 miliardi, mentre il fatturato dell'industria olearia supera i 3 miliardi. Grandi numero per un settore che però stenta a rinnovarsi, a stare dietro a competitor come la Spagna. Tra i mali più grandi, secondo Cia, ci sono la polverizzazione del tessuto produttivo, costi alti e prezzi volatili, poca innovazione e ricambio generazionale insufficiente. A questo si aggiunge un'estrema variabilità produttiva che non fa bene al sistema. Ma il nodo cruciale è legato all'età delle piante (il 63% ha più di 50 anni) e alla bassa densità degli uliveti (il 42% ha meno di 140 piante a ettaro).

Da qui la prima azione proposta da Cia è di agevolare nuovi impianti a più alta densità e incentivare la riqualificazione di quelli esistenti per incrementare produzione e produttività degli oliveti. Secondo punto è investire in tecniche produttive e di difesa fitosanitaria, varietà autoctone più resistenti alle malattie e adattate ai cambiamenti climatici. Occorre poi rafforzare l'aggregazione e il ruolo delle Organizzazioni di Produttori, come anche, infine, rilanciare una strategia mediterranea di collaborazione tecnica con un protagonismo solidale degli agricoltori per contrastare crisi, disoccupazione e desertificazione delle zone rurali.

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