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La scommessa sulla Bellussera, viticoltura da radici antiche

(ANSA) - ROMA, 8 DIC - Nascono frutti interessanti in vigna quando il recupero della tradizione incontra un "monumento" della natura che racconta oltre un secolo di viticoltura. Un matrimonio che è nel Dna della cantina trevigiana Ca' Di Rajo, di San Polo di Piave, che ha scommesso sulla valorizzazione della Bellussera, un metodo di viticoltura basato su un'architettura unica di fili di ferro per tenere i grappoli 'sopraelevati'.

Si tratta di un sistema nato nelle campagne del Piave a fine Ottocento in simbiosi con la mezzadria. Un metodo che coniugava esigenze climatiche e di produzione: il sistema 'alza' l'uva fino a tre metri dal terreno, mantenendola asciutta, al riparo dall'umidità, dalla brina, dal gelo. Oltre a proteggere i preziosi grappoli questo sistema consentiva anche il doppio utilizzo del terreno: per lasciar spazio agli animali, per coltivare fieno. Risorse ottimizzate di cui oggi si fa tesoro, perché l'"ascolto" del territorio è la chiave della sostenibilità. I sacrifici non sono pochi. Banalmente, spiega Alessio Cecchetto, uno dei tre giovani fratelli che guida Ca' Di Rajo, "con la Bellussera è tutto manuale". Le varietà a Bellussera mantenute da Ca' di Rajo sono storiche, dal Raboso al Merlot, rarità come il Manzoni Rosa e la Marzemina Bianca.

Dall'alto la geometria della Bellussera è riconoscibile nei rombi, che Ca' Di Rajo mantiene nell'etichetta del suo Tai Iconema. Quest'ultimo è frutto di un ulteriore progetto di salvaguardia nato nel 2017. 'Iconema', Tai Doc Piave limited edition, nasce da un vigneto a Bellussera dei primi del Novecento che è di proprietà della famiglia Paladin di San Polo di Piave. Ca' Di Rajo lo ha in pratica "adottato", sostenendone la salvaguardia. Dell'annata 2018 sono state prodotte 3093 bottiglie da collezione e 120 magnum.(ANSA).

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