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L’intelligenza artificiale riconosce il canto dei coralli

L'intelligenza artificiale ha imparato a distinguere le barriere coralline in salute da quelle degradate in base al loro 'canto', ovvero al panorama sonoro generato dai pesci e dagli invertebrati che vi abitano. L'algoritmo, che potrà essere utile per il monitoraggio dei programmi di recupero e salvaguardia dei coralli, è stato sviluppato e sperimentato da un gruppo internazionale di ricerca guidato dall'Università di Exeter in Gran Bretagna. Lo studio è pubblicato sulla rivista Ecological Indicators.

"Le barriere coralline stanno affrontando molteplici minacce, incluso il cambiamento climatico, quindi monitorare la loro salute e il successo dei progetti di conservazione è fondamentale", afferma il primo autore dello studio, Ben Williams. "Una delle maggiori difficoltà è che le indagini visive e acustiche delle barriere coralline di solito si basano su metodi che richiedono molto lavoro. Le indagini visive sono limitate anche dal fatto che molte creature della barriera corallina si nascondono o sono attive di notte, mentre la complessità dei suoni della barriera corallina ha reso difficile valutarne la salute usando singole registrazioni. Il nostro approccio è stato quello di usare l'apprendimento automatico per vedere se un computer poteva imparare il canto della barriera corallina”.

I ricercatori hanno addestrato l'intelligenza artificiale usando le registrazioni audio realizzate in Indonesia dal Mars Coral Reef Restoration Project. L’algoritmo, messo poi alla prova con nuove registrazioni, ha dimostrato di saper riconoscere le barriere coralline in salute nel 92% dei casi.

“I nostri risultati mostrano che un computer può rilevare elementi che non sono rilevabili dall'orecchio umano: può dirci più velocemente e con maggiore precisione come sta la barriera corallina", sottolinea Williams. Tra l'altro, "in molti casi è più semplice e meno costoso calare un idrofono sott'acqua e lasciarlo lì sulla barriera corallina piuttosto che avere esperti subacquei che devono visitare più volte la barriera corallina per monitorarla, soprattutto in località remote", conclude Tim Lamont della Lancaster University.

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