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Tatto meglio dell'udito per i bambini con disabilità visiva

I bambini con disabilità visiva puntano più sul tatto che sull'udito per esplorare il mondo intorno a loro: lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology dai ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova in collaborazione con l’Università di Birmingham (Regno Unito), il Centro di Neuro-oftalmologia infantile della Fondazione Irccs Mondino di Pavia e l’Asilo Nido “Elfi del Boschetto” a Genova.
La ricerca, che permetterà di progettare dispositivi riabilitativi e protocolli per aiutare i bambini con disabilità sin dai primi mesi di vita, è stata coordinata da Monica Gori, responsabile del Laboratorio U-Vip (Unit for Visually Impaired People) dell’Iit e a capo di una serie di studi finanziati dal Consiglio europeo della ricerca (Erc) volti a comprendere la rappresentazione spaziale nel cervello dai primi mesi di vita fino all’adolescenza.

In questo ultimo lavoro, i ricercatori hanno studiato il comportamento di bambini dai 5 ai 35 mesi di età, con e senza disabilità visiva, nelle cui mani erano stati messi dei dispositivi sviluppati in Iit in grado di suonare e vibrare in maniera indipendente. Si è così scoperto che i bambini non vedenti o fortemente ipovedenti reagiscono maggiormente agli stimoli tattili rispetto a quelli uditivi; i bambini privi di disabilità non presentano questa differenza. Quando gli stimoli sensoriali vengono proposti nella stessa mano, i bambini vedenti sono in grado di rispondere molto più accuratamente e velocemente; al contrario i bambini con disabilità visiva non ricavano lo stesso vantaggio. “Questo lavoro ci mostra che i bambini con disabilità visiva percepiscono già da piccoli un mondo differente dal nostro”, spiega Monica Gori. “Per la prima volta abbiamo approfondito l’integrazione dei sensi nei neonati non vedenti solo attraverso l’uso di stimolazioni sensoriali. Gli scorsi anni abbiamo sviluppato tecnologie per bambini non vedenti di maggiore età. Questo studio ci permetterà di pensare a nuovi strumenti riabilitativi per intervenire in modo precoce in un periodo molto delicato per lo sviluppo del bambino”.

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