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L’epidemia di peste del XIV secolo raggiunse anche il Sud Italia

L’epidemia di peste del XIV secolo aveva raggiunto anche il Sud dell’Italia: lo indica l’analisi del Dna dei resti di due uomini, di età compresa tra i 30 e i 45 anni, sepolti nell’abbazia di San Leonardo a Siponto (Foggia), un importante centro religioso e medico nel Medioevo. Le analisi sono state condotte dai ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Puglia e Basilicata, coordinati da Donato Raele, e i risultati sono stati presentati nel convegno europeo di microbiologia clinica e malattie infettive.


I resti dei due uomini morti di peste e sepolti nell’abbazia di San Leonardo, a Siponto (fonte: Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Puglia e Basilicata)

“Si tratta del primo caso di rilevamento molecolare di peste del 1348 nel Sud Italia”, dice all’ANSA Raele. Avvenuto in un luogo, l’abbazia di San Leonardo, precisa lo studioso, “importante in quanto crocevia di mercanti e pellegrini, con un ospedale dedicato alla cura e all’assistenza di chi, lungo la via per la Terra santa, affrontava un viaggio pericoloso”.

Gli autori dello studio, archeologi, antropologi, numismatici e medici, hanno individuato nei denti dei due individui il Dna antico del batterio Yersinia pestis, responsabile della cosiddetta Morte nera, che a metà del XIV secolo uccise fino al 60% della popolazione europea. Quattro dei sei denti analizzati sono risultati positivi al batterio della peste. I campioni di Dna, spiegano gli esperti, hanno evidenziato una grande somiglianza con quelli delle vittime della peste precedentemente studiati in altre zone d’Italia: i ceppi di Yersinia pestis sono risultati identici.

“Ci siamo insospettiti quando abbiamo portato alla luce monete del XIV secolo dai vestiti di una delle due vittime. Un aspetto - spiega Raele - che suggerisce che i corpi prima della tumulazione non erano stati ispezionati per confermare la causa della morte, per paura di contrarre il morbo”.

Sebbene casi di peste nera siano riportati in diversi documenti storici, nessun luogo di sepoltura, fa notare Raele, era stato finora sottoposto ad analisi del Dna nel Sud Italia.

“Il Dna ha permesso, per la prima volta, di accertare la causa di morte di due individui sepolti con monete nascoste”, sottolinea Raele. “Non abbiamo ancora compreso del tutto l’entità delle diverse ondate della pandemia durante la peste nera nel Sud Italia. Infatti, il Dna di Yersinia pestis che abbiamo individuato è di circa 300 anni più antico del precedente analizzato dai nostri ricercatori a Foggia, e legato a una fossa comune risalente alla fine del 1600. I nostri risultati - conclude - contengono, quindi, dettagli preziosi per comprendere meglio l’entità della peste in tutta Italia”.

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