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Il rischio di forti terremoti e tsunamiè più alto del previsto

Rivedere i modelli di pericolosità di tsunami e terremoti: è quello che suggerisce la ricerca condotta dall'università del New Mexico e pubblicata sulla rivista Nature Geoscience, secondo la quale in alcune aree i rischi sono più alti di quanto stimato finora.
Parallelamente un altro studio su Nature Communication, guidato da ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e le università di Padova e di Pisa, verifica in laboratorio cha alcuni materiali dei fondali marini possono favorire la generazione di tsunami. "Capire le proprietà chimico fisiche del sottosuolo marino e identificarne i reali spostamenti prima e durante un terremoto è fondamentale per capire gli tsunami", ha detto all'ANSA Stefano Aretusini dell'Ingv.

Uno degli strumenti più importanti a disposizione per quantificare il rischio di una nuova scossa in una specifica regione, in particolare intorno alle cosiddette zone di subduzione, è data dall'analisi degli spostamenti tra le varie placche perché conoscendo movimenti e intensità delle spinte è possibile stimare l'energia accumulata in specifici punti e predire rischi di rotture, quindi terremoti.
Ma non sempre è possibile misurare questi spostamenti: le dinamiche del sottosuolo possono risultare invisibili all'esterno. Il nuovo metodo di analisi, attraverso dati raccolti da strumenti GPS, messo a punto dai ricercatori americani sarebbe però capace di 'guardare' anche nelle arre più profonde, e farlo con grande precisione. Quel che ne emerge è che il rischio di tsunami molto violenti potrebbe essere ben più alto di quanto ritenuto finora.

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