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Covid: Nature, varianti Sudafrica e Uk sfuggono agli anticorpi

La variante inglese B.1.1.7 e quella sudafricana B.1.351 del virus SarsCoV2 mostrano "un'accresciuta resistenza agli anticorpi" e di conseguenza le terapie basate sugli anticorpi monoclonali potrebbero essere meno efficaci nel combatterle. E' quanto indica la ricerca pubblicata, basata su test fatti in laboratorio e pubblicata sulla rivista Nature dal gruppo della Columbia University guidato dal virologo di fama internazionale David Ho.

   Gli autori della ricerca ritengono che il virus SarsCoV2 stia mutando in una direzione che possa portarlo a sfuggire terapie e vaccini il cui principale bersaglio è la proteina Spike, ossia la principale arma che il virus utilizza per entrare nelle cellule. Di conseguenza, rilevano, "sarebbe necessario rivedere le terapie".

I ricercatori indicano poi la necessità di bloccare prima possibile la trasmissione del virus con misure di mitigazione più severe e intensificando le campagne di vaccinazione. Nella ricerca pubblicata su Nature è stata verificata la capacità di neutralizzare la variante inglese e quella sudafricana da parte di 30 anticorpi monoclonali e inoltre da parte del plasma prelevato da 20 pazienti guariti dalla Covid-19 e da parte dei sieri di 22 persone vaccinate.

È emerso così che entrambe le varianti resistono alla neutralizzazione da parte degli anticorpi monoclonali il cui obiettivo è la parte della proteina Spike chiamata Ntd (dominio N terminale) e sono relativamente resistenti ad alcuni anticorpi che mirano al sito in cui la proteina Spike si lega al recettore Ace2 sulla superficie delle cellule.

La variante inglese non risulta invece resistente al plasma dei pazienti guariti dalla Covid-19 e degli individui vaccinati e di conseguenza, secondo i ricercatori, potrebbe non avere un impatto marcato sulle terapie o sui vaccini. La variante sudafricana risulta invece da nove a 10-12 volte più resistente agli anticorpi del plasma dei guariti e ai sieri delle persone vaccinate.

Nella ricerca non è infine stata considerata la variante brasiliana P.1 (o 501Y.V3) ma, poiché questa ha alcune mutazioni analoghe a quelle della sudafricana, i ricercatori ritengono che possa avere una resistenza simile. 

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