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Nella Via Lattea potrebbero abbondare pianeti sosia della Terra

La Via Lattea potrebbe pullulare di pianeti simili alla Terra, con oceani e continenti. Lo indica la simulazione basata sulla scoperta che l’acqua presente nei mattoni necessari alla loro formazione non viene dispersa durante le fasi di accrescimento, come ritenuto finora. I risultati sono pubblicati sulla rivista Sciences Advances dal gruppo dell’Università di Copenaghen coordinato da Anders Johansen.

Gli autori dello studio hanno calcolato quanto rapidamente si siano formati i pianeti e a partire da quali mattoni di base, rappresentati da polveri di ghiaccio e carbonio di dimensioni millimetriche in orbita attorno a tutte le giovani stelle della Via Lattea, che circa 4,6 miliardi di anni fa, attorno al Sole, si sono aggregati nella formazione di quella che sarebbe poi diventata la Terra e gli altri pianeti del Sistema Solare.

Secondo i calcoli, la presenza di acqua ha, ad esempio, contraddistinto le origini della Terra, di Marte e di Venere. Per Johansen, “tutti i pianeti nella Via Lattea potrebbero essere formati dagli stessi mattoni. Quindi - osserva - i pianeti con la stessa quantità di acqua e carbonio della Terra, cioè potenzialmente in grado di ospitare la vita, potrebbero essersi formati intorno ad altre stelle nella nostra galassia, a condizione che la temperatura fosse giusta. Il punto decisivo per la presenza di acqua liquida - aggiunge Johansen - è, infatti, la distanza del pianeta dalla propria stella madre”.

I ricercatori attendono adesso la nuova generazione di telescopi spaziali, come la missione Plato dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), che dovrebbe essere lanciata nel 2026 per cercare pianeti simili alla Terra in orbita a stelle come il Sole.

“L’importanza di questo studio sta nel fatto che il modello di formazione planetaria che adotta spiega l’abbondanza di acqua che abbiamo sulla Terra senza dovere ipotizzare che sia stata portata da altri corpi, come comete e asteroidi”, spiega all’ANSA Isabella Pagano, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Catania, responsabile in Italia per il cacciatore di pianeti Cheops (Characterising exoplanet satellite), dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), al quale l’Italia partecipa con Inaf, Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Università di Padova e il gruppo Leonardo, che ha realizzato gli ‘occhi’ del satellite.

“I granelli di silicio e carbonio che aggregandosi innescano la formazione dei pianeti - aggiunge Pagano - contengono anche ghiaccio di acqua, che nelle simulazioni del nuovo studio riesce a preservarsi durante il processo, andando a costituire la riserva di acqua del pianeta. Se l’acqua, quindi, fa parte degli ingredienti primordiali da cui si originano i pianeti rocciosi - conclude l’esperta dell’Inaf - si può dedurre che nella galassia i pianeti rocciosi possano avere la loro riserva di acqua proprio per il fatto di essersi formati, senza che essa arrivi da fuori”.

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