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Ricerca:Lettera 150 a Draghi,ecco le 10 riforme necessarie

(ANSA) - ROMA, 08 FEB - Semplificare, liberalizzare, investire: è quanto chiedono in un appello al presidente incaricato, Mario Draghi, i 300 accademici del think tank Lettera 150, proponendo le 10 riforme necessarie per liberare le energie del mondo dell'università e ricerca, che può diventare il volano dell'economia del Paese.

"Confidiamo che il futuro governo, a differenza di quanto fatto finora, metta al primo posto ricerca e innovazione", afferma Giuseppe Valditara, coordinatore di Lettera 150. Oltre all'aumento dei finanziamenti per i fondi ordinari per università, enti di ricerca, edilizia universitaria, e diritto allo studio, gli esperti di Lettera 150 chiedono una riforma del dottorato, delle lauree professionalizzanti e della formazione professionale superiore, la semplificazione delle procedure delle attività di ricerca e uno spazio aperto dei dati scientifici per consentirne la fruizione al mondo scientifico e alla società.

Si chiede anche una maggiore autonomia delle università, una riforma dei meccanismi di valutazione degli atenei con certificazione di qualità da parte di agenzie internazionali accreditate, una riforma del reclutamento, e l'internazionalizzazione del sistema per favorire l'esportazione della ricerca italiana all'estero e attirare ricercatori e studenti stranieri.

Per Lettera 150, bisogna inoltre investire sul trasferimento tecnologico per incoraggiare la produzione di brevetti, aumentare i posti di professore e ricercatore, valorizzare i dipartimenti più innovativi, e creare grandi infrastrutture di ricerca con forme consortili capaci di coinvolgere pure enti privati.

Per la crescita del Paese, aggiungono gli esperti, è fondamentale anche una scuola di qualità con docenti valorizzati e selezionati, così come la promozione della formazione artistica e musicale, patrimonio unico dell'Italia. "Molte di queste riforme sono già pronte - concludono - attendono solo di essere varate. Ricerca e innovazione non possono più aspettare, perché l'Italia non può perdere competitività". (ANSA).

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