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Covid, in Italia crescita lineare ma sostenuta

È una crescita lineare, ma che continua comunque a essere sostenuta, quella dell'epidemia di Covid-19 in Italia, che secondo i dati del ministero della Salute, oggi ha fatto registrare 34.283 casi positivi rilevati da 234.834 tamponi, con un rapporto ancora elevato, sebbene rispetto al giorno precedente sia sceso dal 15,4% al 14,5%. Spicca il dato relativo ai decessi, che con 753 toccano il numero più alto registrato in questa seconda ondata. Resta alta anche la letalità, ossia il rapporto fra i decessi e il numero dei casi positivi, probabilmente per effetto dei tanti che ormai sfuggono al tracciamento. I ricoverati in terapia intensiva sono complessivamente 3.670.

 Il quadro che emerge da questi dati continua a invitare alla prudenza e a tenere alta la guardia, in attesa di cominciare a vedere gli effetti dei Dpcm e dei provvedimenti adottati dalle Regioni. Tra i segnali positivi c'è la riduzione del numero delle persone attualmente positive, da 16.026 a 9.358 in 24 ore, accanto all'aumento dei guariti o dimessi, da 15.434 a 24.169. Il totale degli attuali positivi è di 743.168 e i guariti sono complessivamente 481.967. Fra le regioni, ad avere i numeri più elevati è ancora la Lombardia con 7.633 casi positivi e un rapporto casi positivi tamponi del 20,03%; seguono Campania con 3.657 casi positivi (15,5%) e Piemonte con 3.281 casi positivi (18,4%). "Ci troviamo di fronte a una crescita per incremento dei positivi, ma è una crescita molto elevata, che ogni giorno conta circa 30.000 nuovi positivi e che in proiezione potrà vedere ancora molti decessi", ha osservato il fisico Enzo Marinari, dell'Università Sapienza di Roma. "Non è una situazione né serena né accettabile", ha detto, e i dati indicano che "si sta ancora riuscendo a utilizzare le terapie intensive, ma ci stiamo avvicinando al limite".

 Nei prossimi giorni, inoltre, è da attendersi un aumento dei decessi perché, ha spiegato il fisico, "la stima del numero dei nuovi positivi ha un impatto a distanza di una decina di giorni sul numero dei decessi". Dello stesso avviso il microbiologo Andrea Crisanti, dell'Università di Padova, per il quale "abbiamo un alto numero di morti perché abbiamo tantissimi contagi". Il fatto positivo è che non c'è più una crescita esponenziale e "si cominciano a vedere gli effetti delle misure di contenimento, che vanno rispettate". Eventuali misure di alleggerimento, per Marinari, "sono ancora da considerare con prudenza".

 Per il fine settimana, ha aggiunto, "dovremmo poter vedere gli effetti dei Dpcm e delle misure adottate a livello regionale. Finora abbiamo probabilmente visto soprattutto gli effetti dell'autoregolazione". Tuttavia, ha rilevato, è importante la comunicazione dei dati: "il problema della trasparenza è ormai un fatto sia scientifico che politico e sarebbe importante vedere meglio quanto si sta facendo". In Italia resta elevato anche l'indice di letalità, della pandemia di Covid-19, che dal 18 ottobre al 15 novembre è aumentato dall'1,25%.

In un mese la letalità è aumentata dall'1,25% all'1,70%

Nell'arco di circa un mese, dal 18 ottobre al 15 novembre, l'indice di letalità della pandemia di Covid-19 è aumentato dall'1,25% all'1,70%. Lo segnala il fisico Giorgio Sestili, fondatore e fra i coordinatori della pagina Facebook "Coronavirus - Dati e analisi scientifiche", riferendosi al rapporto tra i decessi e i casi positivi. Un valore diverso dalla mortalità, che corrisponde al rapporto fra i decessi e la popolazione generale. 

Se fino al 18 ottobre l'indice di letalità è stati pari all'1,25%, "nelle ultime settimane è salito all'1,34% registrato dal 19 a 25 ottobre all'1,40% nella settimana dal 2 all'8 novembre e all'1,70% nella settimana dal 9 al 15 novembre". La causa più probabile di questo aumento, secondo il fisico è che "si stiano sottostimando i casi positivi, che aumentano più velocemente rispetto alla capacità di fare i tamponi: la letalità aumenta perché i casi in circolazione sono più di quelli che ci aspettiamo". Il fatto che molti casi stiano sfuggendo, ha rilevato, emerge anche dal progressivo aumento del rapporto fra casi positivi e tamponi, passato dal 3% di metà settembre al valore massimo del 17,9% registrato il 16 novembre.

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