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Covid, Bergamo è stata fra le aree più colpite al mondo

L'area di Bergamo è stata una delle più colpite al mondo dal nuovo coronavirus, con una prevalenza di casi positivi maggiore di quella di New York, Londra e Madrid: lo indica la ricerca condotta nel maggio scorso dall'Istituto 'Mario Negri di Bergamo e pubblicata sulla rivista EBioMedicine (gruppo The Lancet).

La ricerca, del gruppo di Giuseppe Remuzzi e il cui primo autore è Luca Perico, indica che è risultato positivo al virus SarsCov2 il 38,5% dei 423 volontari sui quali in maggio sono stati eseguiti il tampone nasofaringeo per la ricerca delle particelle virali e due tipi di test sierologici per la ricerca degli anticorpi. Estendendo il dato alla provincia, si può ipotizzare che allora il 96% delle infezioni da COVID-19 non sia stato rilevato dal sistema sanitario.

"Bergamo - osservano gli autori della ricerca - si profila come una delle aree più colpite al mondo con una sieroprevalenza che supera di gran lunga le stime di New York (19.9%), Londra (17.5%) e Madrid (11.3%). Dei 423 volontari coinvolti nella ricerca, 133 sono ricercatori del Mario Negri e 290 addetti dell'Azienda Brembo.

Il 38,5% dei volontari è risultato positivo al test sierologico e ha sviluppato gli anticorpi contro il nuovo coronavirus. I ricercatori hanno calcolato che, estendendo il dato a tutta la popolazione della provincia di Bergamo, "si può ipotizzare che 420.000 persone siano entrate in contatto col virus, contro le 16.000 dei dati ufficiali al 25 settembre 2020.Ciò - proseguono gli autori della ricerca - indicherebbe che il 96% delle infezioni da Covid-19 non è stato rilevato dal sistema sanitario".

Le persone asintomatiche potrebbero aiutare a combattere la pandemia di Covid-19, grazie alle loro cellule immunitarie capaci di contrastare il virus. rileva Remuzzi. Dalla ricerca, dice, "emerge che "oltre il 90% delle infezioni non è stato rilevato dal nostro Servizio Sanitario Nazionale. Vale a dire -  osservato - che i numeri reali 25 volte più alti di quelli ufficiali", ha osservato il coordinatore dello studio, Tuttavia, ha aggiunto, "non è detto che sia una cattiva notizia".

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