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Covid, la curva è in salita ma si può ancora fermare

È una curva in salita, quella dei casi di Covid-19 in Italia, ma per la prima volta dopo molti giorni i 10.010 casi del 16 ottobre mostrano che non c'è stato il raddoppio che cominciava a vedersi ormai da lunedì scorso: "Mentre tutti i giorni della settimana hanno finora mostrato un aumento dei casi doppio rispetto a quello della settimana precedente, venerdì 16 ottobre questo non è accaduto", ha detto all'ANSA il presidente dell'Accademia dei Lincei Giorgio Parisi, parlando a titolo personale. Anche per il fisico Enzo Marinari, dell'Università Sapienza di Roma, la curva punta decisamente verso l'alto e dove sia il picco non è noto perché tutto dipenderà dalle misure di sicurezza adottate.

Venerdì 9 ottobre i casi erano stati 5,372 e, in caso di raddoppio, venerdì 16 avrebbero dovuto essere 10.744. "Questo non è accaduto e - ha rilevato Parisi - potrebbe anche essere una fluttuazione statistica, da valutare sulla scala di una settimana". Solo l'andamento dell'epidemia nei prossimi giorni potrà dire se la curva continuerà a salire rapida o se modificherà il suo andamento. Non si può escludere che il leggero miglioramento, se confermato, sia un effetto di un maggiore ricorso alle misure di contenimento. "D'altro canto, ha osservato il fisico, si è visto che anche in altri Paesi c'è stato un aumento esponenziale poi diventato meno ripido. Nessuno, però, ha la sfera di cristallo".

Si può dire invece, ha detto ancora Parisi, che "siamo entrati in una situazione di aumento esponenziale costante". Se il tempo di raddoppio fosse stato confermato anche il 16 ottobre, facendo un'estrapolazione il 13 novembre avremmo potuto avere 100.000 casi in un giorno. È una situazione comunque diversa da quella del marzo scorso, quando i casi aumentavano di dieci volte in una settimana.

C'è invece un punto interrogativo sulle ragioni dell'impennata dei casi avvenuta in ottobre: "Non è chiaro perché sia successo - ha detto - e le possibili ragioni sono tante": dalla fine del periodo caldo ai mezzi pubblici affollati, all'uso non capillare delle mascherine. Per saperne di più, ha rilevato l'esperto, "servirebbero informazioni dettagliate a livello epidemiologico, ma non è noto se esistano". Bisognerebbe anche conoscere il numero dei test antigenici rapidi, da sommare a quello dei tamponi.

Quanto alle scuole, i dati di ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità (Iss) indicano "che il contagio nella scuola è minimale e di conseguenza chiudere la didattica sembra fuori luogo". Per Parisi sarebbe più ragionevole organizzare autobus dedicati agli studenti e scaglionare gli orari di ingresso nelle scuole.

Analoga la posizione di Marinari, per il quale "ancora oggi, uno sforzo non enorme potrebbe aiutarci a tornare in un regime di sicurezza". Siamo di fronte a una "curva in netta crescita esponenziale, che naturalmente si fermerà, il problema è che potrebbe fermarsi fra dieci giorni perché avremo fatto qualcosa, o proseguire ancora".

Certamente "i dati epidemiologici confermano una situazione molto difficile" e a fare la differenza saranno le misure di contenimento adottate, che potrebbero far rientrare l'indice di contagiosità Rt al di sotto di 1. "Sembrerebbe che ancora oggi uno sforzo non enorme ci potrebbe aiutare a tornare in un regime di sicurezza", ha detto ancora Marinari.

Al momento, "interventi mirati e ragionevoli potrebbero probabilmente aiutare": scaglionare gli orari delle lezioni potrebbe essere, per esempio, la soluzione per evitare di affollare i mezzi pubblici; potrebbe aiutare anche isolare i focolai e fare screening in modo efficiente: "un tampone che arriva dopo una settimana - ha concluso - è un problema".

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