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Le molecole capaci di far ringiovanire Benjamin Button

Sembrano uscite dal celebre racconto Il curioso caso di Benjamin Button, ma a partorirle non e' stata la fantasia dello scrittore Francis Scott Fiztgerald, bensi' l'ingegno di ricercatori italiani. Sono le nuove molecole capaci di ridurre gli effetti dell'invecchiamento precoce nella progeria, la rarissima condizione genetica che in un bambino su 18 milioni provoca malattie tipiche degli anziani portando a morte precoce. Testate con successo su cellule umane e topi, queste molecole aprono nuovi scenari anche per la lotta al cancro e alle malattie legate all'eta': lo indica lo studio pubblicato su Nature Communications dall'Istituto Firc di Oncologia Molecolare (Ifom) e dall'Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia, in collaborazione con gli svedesi del Karolinska Institute che nel 2003 hanno scoperto la causa genetica della progeria.

La ricerca - realizzata con il sostegno di Fondazione Telethon, Consiglio europeo della ricerca e Fondazione Airc - affonda le radici in uno studio pubblicato nel 2017 sempre dallo stesso gruppo di Ifom e Cnr guidato da Fabrizio d'Adda di Fagagna. I ricercatori, in particolare, avevano scoperto che il danneggiamento dei 'cappucci' protettivi dei cromosomi (chiamati telomeri) induce la formazione di due specifiche classi di molecole di Rna che non contengono istruzioni ma che attivano l'allarme molecolare, bloccando la proliferazione della cellula e inducendone la senescenza. Grazie allo sviluppo di molecole complementari a tali Rna, i ricercatori erano riusciti a indurre lo spegnimento di questi allarmi in modo mirato. I risultati cosi' ottenuti "ci hanno incoraggiato a testare l'approccio sulla progeria, o sindrome di Hutchinson-Gilford", racconta d'Adda di Fagagna.

"Abbiamo testato le nostre molecole in cellule umane derivate dalla pelle di pazienti e in un modello animale di progeria, allungando la vita massima di questi topi di quasi il 50%", aggiunge la ricercatrice Ifom Francesca Rossiello, coautrice dello studio. "Questa ricerca, oltre a segnare un avanzamento conoscitivo per la progeria - sottolinea d'Adda di Fagagna - apre la possibilita' di testare le molecole per la cura di tante altre patologie umane legate all'invecchiamento e associate al danno ai telomeri, come i tumori, la cirrosi epatica, la fibrosi polmonare, l'aterosclerosi, il diabete, la cataratta, l'osteoporosi e l'artrite. Siamo convinti del potenziale terapeutico di questo approccio e siamo determinati a portarlo sempre piu' vicino ai pazienti".

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