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Due milioni ragazzi con problemi andrologici, disinformati

Sono due milioni i giovani fra i 16 e i 35 anni che hanno un problema andrologico che, in 1 caso su 10, potrebbe compromettere la fertilità. Meno del 5% si è sottoposto almeno una volta a una visita dall'andrologo. Manca nei ragazzi la consapevolezza e la conoscenza non solo dei disturbi sessuali, ma anche delle oltre 30 malattie sessualmente trasmissibili, la maggior parte arriva ad elencare soltanto l'Aids. Lo evidenzia la Sia, Società italiana di Andrologia, che lancia la campagna biennale di sensibilizzazione #e-SIA-prevenzione, rivolta ai giovani che frequentano autoscuole e studi di consulenza e a chi fa parte dell'Esercito Italiano e della Croce Rossa Italiana. Coinvolgerà nei prossimi 2 anni, proprio i giovani militari, la Cri, ma anche tutti i ragazzi che si rivolgeranno a una delle oltre 2.500 tra autoscuole e studi di consulenza dell'Unione Nazionale Autoscuole e Studi di Consulenza Automobilistica (Unasca).

L'iniziativa è anche l'occasione per un'indagine in collaborazione con l'Università Iulm sulla prevenzione e diffusione delle malattie andrologiche fra i giovani.

Attraverso i social, materiali scaricabili online, conferenze e con il coinvolgimento dei medici durante la visita della patente e di medici e infermieri durante i colloqui con i giovani militari, sarà possibile accedere a contenuti come InformAndro, piattaforma dedicata ad approfondire le diverse patologie andrologiche. "La campagna vuole far capire ai giovani che devono e possono rivolgersi all'andrologo senza paura - spiega Alessandro Palmieri, presidente Sia -. Sono 2 milioni gli under 35 con un problema andrologico, ma solo 1 su 5 sa che può compromettere la fertilità, solo il 33% dei diciottenni maschi usa sempre il profilattico, pochissimi hanno chiaro cosa siano le malattie a trasmissione sessuale: per oltre il 50% esiste solo l'Aids". "I ragazzi di oggi hanno le stesse conoscenze e le stesse idee di quelli di 10 anni fa, con l'aggravante che oggi la tecnologia consente un'informazione continua - avverte Palmieri -. Il fattore tempo è dunque fondamentale per evitare che patologie banali diventino irreversibili". 
   

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