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Ginecologi, bene rooming-in del neonato ma più supporto

La Società Italiana di Neonatologia (SIN), la Società Italiana di Pediatria (SIP), la Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia (SIGO) e l'Associazione Ostetrici e Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI) sottolineano il valore della pratica del rooming-in, che prevede la permanenza del neonato nella stessa stanza in cui è ricoverata la madre, ma raccomandano che "l'implementazione del rooming-in per essere appropriata preveda che le famiglie siano adeguatamente informate, coinvolte e supportate, e che gli operatori sanitari offrano un'assistenza per quanto possibile individualizzata ed empatica in modo". Le indicazioni arrivano dalle associazioni a seguito della morte di un neonato all'ospedale Pertini di Roma forse schiacciato dalla madre addormentatasi dopo l'allattamento.

"La moderna organizzazione delle Maternità attualmente prevede la gestione congiunta di madre e bambino, il cosiddetto rooming-in, che va proposto fornendo il necessario sostegno pratico e psicologico alla nuova famiglia. La gestione separata di madre e neonato, prevalente in epoche passate - affermano le associazioni in una nota - ostacola invece l'avvio della relazione genitore-famiglia-neonato, è contraria alla fisiologia, anche dell'allattamento, e non garantisce da eventi neonatali imprevisti e tragici". La "condivisione del letto fra una madre vigile ed un neonato sano, messo in una posizione di sicurezza, è un fatto naturale, pratico, indiscutibile", le società scientifiche però attualmente raccomandano di evitare la condizione del co-sleeping (ovvero del dormire insieme), giudicata non sicura, suggerendo di riporre il bambino a fine poppata nella propria culla, in particolare quando non siano presenti altri caregiver. Questa prudenza è giustificata ben oltre la permanenza di mamma e bambino nel Punto Nascita e interessa tutti i primi 6 mesi di vita. La carenza a livello nazionale del personale sanitario, pesantemente sofferta anche nell'area del percorso nascita, concludono, "non è però motivo sufficiente per giungere ad ipotizzare proposte assistenziali involute e di minore qualità come la gestione separata di madre e bambino". 
   

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