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'Per me questo non è un gioco', nuovo video manifesto Sla

Alcuni bambini sono costretti a crescere prima del tempo. Non per questo devono smettere di credere nei propri progetti futuri. "Restituiamo ai figli dei malati di Sla il diritto di credere nei sogni" è il messaggio del nuovo video manifesto dell'Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica (Aisla) presentato alla vigila della Festa del Papà. E' con il papà, infatti, che parla Anna, la bambina protagonista, che da grande sogna di diventare una chef. Ma nel video, la voce fredda che si sente, molto simile a quella di Alexa o Siri è quella di un sintetizzatore vocale, il dispositivo utilizzato da pazienti a cui la malattia ha tolto l'uso di tutti i muscoli, inclusi quelli necessari a parlare.
I figli di chi soffre di malattie fortemente debilitanti spesso devono confrontandosi sin da piccoli con l'esigenza di aiutare il genitore o imparare prima a badare a se stessi, come nel caso di Anna. A ispirare il video, dal titolo "Per me questo non è un gioco", la storia di Paolo Zanini, papà affetto da Sla. Testimonial di eccezione dell'iniziativa, Ron. "Ogni bambino - spiega - ha il diritto di sognare, anche quando convive con un genitore affetto da una malattia ingombrante. Ecco perché uno degli impegni dell'Associazione è quello di sostenere le necessità dei ragazzi, sia dal punto di vista psicologico che pratico, per consentire loro di continuare a credere nei sogni". A realizzare il progetto, premiato dallo Spot School Award di Creativisinasce, sono stati gli studenti dello IED Milano. "Questi giovani - spiega Alberto Fontana, segretario nazionale Aisla - hanno saputo cogliere l'essenza di ciò che accade nella quotidianità di chi convive con la Sla. Con delicatezza si racconta il desiderio e il coraggio di continuare a vivere il proprio ruolo nella società e all'interno della famiglia. Perché la voce di un genitore rimanga guida, a prescindere dalle proprie abilità e disabilità". Lo spot, che sarà rilanciato sui social, raccontano gli autori Andrea Azzolini, Arianna Formilli, Riccardo Bertoldi Roverotto e Silvia Borri, "si basa sull'empatia. Il risultato finale ha richiesto ricerca sulla malattia e confronto con le persone. Siamo entrati in punta di piedi per scoprire un mondo che non conoscevamo".

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