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La mamma 'portabandiera' dei ragazzi con la Duchenne

(ANSA) - ROMA, 18 NOV - Ha deciso di votare la propria vita a suo figlio, affetto da sindrome di Duchenne, a tal punto che oggi è la presidente della World Duchenne Organization, la realtà no profit globale che riunisce tutte le associazioni delle famiglie che hanno in casa un paziente di questa malattia neuromuscolare. Lei è Elizabeth Vroom, mamma di Justus, ragazzo di 30 anni. La sua storia è stata al centro, oggi, del secondo appuntamento di ANSA INCONTRA, sul tema delle donne e delle patologie neuromuscolari, diffuso su ANSA.IT.
    L'iniziativa rientra nel progetto Donnenmd, un percorso di formazione e informazione promosso dal Centro clinico Nemo di Roma in collaborazione con la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs.
    La sindrome di Duchenne è una malattia neuromuscolare che è caratterizzata da atrofia e debolezza dei muscoli e da una degenerazione di tutti i muscoli, dunque anche del cuore.
    "Ho un figlio che può usare solo il suo pollice e la sua mano destra per muovere il joystick e il computer - racconta Elizabeth - Nonostante ciò, lui fa le cose più belle del mondo, hai i pensieri più belli del mondo e abbiamo persone meravigliose che ci circondano ed io ho imparato che le cose sono possibili se guardi la vita in modo leggermente diverso".
    "Abbiamo festeggiato da poco il trentesimo compleanno di Justus - prosegue - Per via del Covid non abbiamo potuto organizzare la festa che avremmo desiderato, ma per 30 giorni lo ha festeggiato con gli amici a distanza svolgendo attività diverse tra loro. Ad esempio, con una sua amica italiana hanno 'passeggiato' per le vie di Roma e Assisi grazie allo smartphone", afferma Elizabeth.
    Un traguardo, quello dei trent'anni, che la famiglia di Justus non avrebbe mai immaginato quando ha ricevuto la diagnosi nel 1992 perché in quel momento le aspettative di vita non superavano i 20 anni.
    "Fin dall'inizio non abbiamo accettato lo scenario negativo che ci stavano prospettando e abbiamo pensato che avremmo avuto ancora degli anni davanti e che avremmo potuto fare il meglio che potevamo in 20 anni - spiega la mamma - Justus aveva una sorella gemella morta dopo cinque giorni: in cinque giorni non c'è nulla che tu possa fare per tua figlia, ma in 20 anni sì e questo ha avuto un impatto sul risultato finale. Justus si è laureato, lavora e tutto questo non sarebbe mai successo se avessimo avuto un approccio negativo". (ANSA).
   

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